Un ultimo appuntamento all’insegna del mistero.

Un ultimo viaggio sancito dal segreto.

Un’ultima esplorazione prima dell’arrivederci alla prossima estate.

In questa puntata conclusiva, ho deciso volontariamente di non far nome né ubicazione precisa del luogo del quale sto per parlare.

Perché direte voi? Per un paio di ragioni molto semplici. A differenza delle altre destinazioni, quest’ultima è abbastanza sconosciuta a tantissimi abitanti del territorio e la sua esatta posizione è nota solamente per qualche fortunato passaparola, che ha permesso a rispettosi avventurieri dell’abbandono, come piace chiamarli al sottoscritto, di osservare le bellissime testimonianze di quello che fu, mentre la seconda ragione per cui intendo mantenere segreto nome e luogo è proprio per preservare la magia che avvolge, una volta varcata la soglia di quel casale sulla collina e dar modo al lettore di poter liberamente fantasticare sulla sua storia, dalle mie parole e dalle immagini che ho catturato dentro e fuori.

Qualcosa di meraviglioso. Un vero e proprio varco nel tempo, che l’abbandono ha reso addirittura fonte di ispirazione per una storia fantastica che già frulla nella mia mente e che non esiterò a scrivere molto presto.

Il percorso per arrivare è lungo e tortuoso, non esente da difficoltà per chi non è un buon camminatore e il sentiero, per così dire “ufficiale”, è ormai impenetrabile a causa di grossi arbusti e molteplici rovi.

Se si possiede la tenacia necessaria, tuttavia, è possibile risalire il colle e, dopo aver quasi perso la speranza di non trovare ciò che si sta cercando, ecco invece apparire l’inconfondibile sagoma di un edificio fiero, a fianco del quale riposano anche un imponente fienile dal tetto pericolante e un’antica piccola chiesa in pietra, la cui fitta vegetazione cresciuta al suo interno, ne vieta assolutamente il varcarne la soglia.

Dal canto suo, invece, il casale dimenticato appare anche in buone condizioni e, con estremo stupore, la porta principale è solamente socchiusa, come un invito a entrare discretamente, muovendo i primi passi nella sala e guardandosi attorno, documentando tracce e dettagli ovunque.

Tante le stanze che racchiudono momenti di vita rurale e moltissimi i segni di un qualche tentativo di ristrutturazione, specialmente al piano superiore, che non ha dato i risultati sperati.

Facendo la massima attenzione, il percorso più suggestivo è quello che accompagna nelle cantine in pietra, enormi e fresche, nelle quali riposano decine e decine di damigiane e bottiglioni e dove si può osservare anche una sorta di piccola voliera.

All’improvviso, un soffio di vento ancora più fresco, che sembra provenire dal sottosuolo, induce a voltarsi e quasi l’emozione prevarica, nel vedere l’angusto ingresso a quella che doveva certamente essere una ghiacciaia ancora perfettamente conservata.

Non ci si azzarda a entrare per motivi di sicurezza, poiché il buio è davvero intenso e non si ha idea di quanto si debba scendere verso il basso, ma la fantasia non può fare a meno di immaginare ciò che possa nascondersi laggiù.

Magari qualche tesoro nascosto, chissà.

Spostandosi verso il piano superiore, ancora tanto stupore per le ampie sale ed i camini meravigliosi che fanno da protagonisti alle stesse, abbelliti ancora di più da motivi scolpiti e disegnati che ne esaltano l’eleganza duratura.

Un piccolo vaso di fiori finti, sul davanzale di una finestra illuminato dal sole caldo, pare voler dare ancora un saluto gentile.

È un bel viaggio indietro nel tempo, anche se non potrei dire con esattezza quanto si debba percorrere a ritroso, ma non è questo che importa.

Muovendosi sempre con estrema cautela e adottando in ogni circostanza il massimo rispetto sia per l’arredamento che per il più semplice dei soprammobili, si ha anche il tempo di soffermarsi su alcuni ritagli di giornale di qualche decennio fa, dall’aspetto leggermente inquietante che fomentano ulteriormente la mia creatività di scrittore.

Nel tornare indietro, non ci si dimentica di chiudere delicatamente la porta d’ingresso e, dopo aver dato un’ultima occhiata a quel tesoro nascosto, si riprende a discendere la collina, accompagnati da un fantastico tramonto.

L’arancio e il rosso fuoco, donano un alone di mistero quasi indescrivibile alla costruzione che ci da un muto arrivederci e ci guarda fino a sparire dopo i primi minuti di discesa, come se non fosse mai esistita.

Un ultimo viaggio ricco di mistero, come vi avevo anticipato.

Un luogo abbandonato che, come già in altre occasioni è capitato di raccontare, provoca sensazioni di meraviglia, rabbia e tristezza, sentimenti che fanno parte in maniera radicata e irrinunciabile di chi si occupa di esplorazioni come questa.

Ringraziandovi tutti per l’affetto e l’interesse che avete dimostrato in ogni tappa di questa rubrica, vi raccomando di fare sempre la massima attenzione, nel caso doveste decidervi di avventurarvi nei luoghi da me descritti e, soprattutto, di ricordare sempre che, oltre al divertimento, la cosa più importante è quella di approcciarsi con rispetto e umiltà di fronte a simboli di questo genere.

Gioielli preziosi del territorio, costruiti dall’uomo, ma ora quasi divenuti un tutt’uno con la natura, che li ha abbracciati quasi fossero sempre appartenuti ad essa.

Appuntamento alla prossima estate dunque, con altri percorsi, altri viaggi e altri luoghi dimenticati che non potranno che rimanere per sempre nel cuore di chi li ha visti e di chi li racconta.

Grazie ancora a tutti e a tutti buona vita!

 

Foto di Fabrizio Carollo

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