Malabrocca fra i Comuni

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Malabrocca era un ciclista che partecipava a corse a tappe, tipo giro d’Italia, con il fine di arrivare ultimo. Vi era un premio per chi, rimanendo dentro il tempo massimo, non facendo furbate ecc. fosse giunto ultimo e, come tale, di indossare la famosa “Maglia nera”. Il Comune di Lizzano in Belvedere, tra i comuni della Città Metropolitana, indossa la famosa “Maglia nera”. Dei tre parametri fondamentali per stilare la classifica che mette in tale posizione detto Comune (ndr in riferimento alla classifica pubblicata in data 2/1/2019 nell’articolo a titolo “Redditi e invecchiamento” apparso su “Il Resto del Carlino” a firma di Beatrice Grasselli), mi soffermo su quello che, per me, sta alla base della società: l’economico. Se le attività languono, le opportunità scarseggiano e non esistono scelte per differenti ambiti produttivi, è evidente che i giovani fuggono, i servizi scarseggiano ed i conti non brillano. Le ragioni? Di certo una, se non la principale, è quella di una sclerotizzazione nell’offerta turistica. Un’area che ha quale voce principale della propria economia il turismo, non può fissarsi su di un solo argomento : lo sci. Un esperto di promozione turistica partecipò tempo fa ad una riunione sul turismo dell’Alto Appennino Bolognese. Mi confidò che era rimasto sconcertato dal fatto che si era parla solo di sci. Considerando che detta attività può, nei migliori dei casi, occupare 3 mesi del calendario, da cui vanno detratti i giorni con maltempo, pioggia, nebbia o vento. Ad essere ottimisti, molto ottimisti, abbiamo 60 giorni di lavoro sugli impianti. La ricaduta sul territorio è estremamente modesta stante il fatto che gli sciatori, finite le discese, partono e non effettuano uno shopping rilevante nei paesi a valle. A questi 60 giorni vi aggiungiamo 40 giorni estivi e siamo al capolinea. Purtroppo l’anno è fatto di 365 giorni, tolti questi 100 negli altri 265 cosa si fa? Si parla di sci? Poco remunerativo. I numeri, nella loro aridità, parlano da soli. In Lizzano capoluogo operavano una ventina fra alberghi e pensioni, oggi siamo a circa 5. Il cartello più diffuso ovunque è “Vendesi”. Esprimo una mia opinione. La zona del Corno ha attraversato un trentennio eccezionale per gli sport invernali. La moda, l’aspirazione di molte persone di essere “sciatori”, l’abbondanza di precipitazioni nevose hanno creato una abitudine ad un turismo che possiamo definire “facile”. A questo si aggiunga un costume sociale con donne che potevano portare in estate i figli in case affittate dalla fine della scuola alla fine di Agosto. Tre mesi estivi più quattro o cinque mesi invernali facevano quadrare i conti. Negli ultimi trent’anni però sono avvenuti cambiamenti che hanno sconvolto il mondo del turismo, in particolar modo quello appenninico. Nelle famiglie molte donne lavorano, il numero di figli è diminuito, lo sci, oltre non avere più l’appeal degli anni 70, risulta uno sport costoso. Non è casuale che la popolazione sciatoria è, mediamente, datata. Si metta nel paniere uno sconvolgimento climatico che fa sentire i suoi effetti con ridotte precipitazione nevose e, per di più, tardive. Tardive vuol dire oltre il periodo delle vacanze natalizie, spesso dopo l’Epifania. A conti fatti significano, sino al 31 Marzo, o poco oltre, tra i 10 ed i 12 week end, sperando che siano tutti freschi e solatii. Il periodo estivo, per le ragioni già dette di carattere familiare, si è contratto a trenta-quaranta giorni. Inoltre il turismo ha assunto un aspetto che i responsabili della zona non hanno saputo comprendere. Le frequentazioni di aree montane ha acquisito la connotazione di spostamenti a piedi, ovvero trekking, visita di zone storiche, attività all’aperto senza necessità di particolari strutture, vedi il boulder climbing che apporta decine di migliaia di appassionati nelle zone che hanno saputo pubblicizzarlo ed utilizzarlo, visite itineranti a luoghi di culto ecc. ecc. . Ormai il turismo, parlo degli Appennini, ha quale voce principale il: Muoversi a piedi. Ma questo muoversi a piedi ha come presupposto una rete di sentieri e mulattiere, spesso storiche, tenute decentemente, una pubblicizzazione delle emergenze culturali e ambientali che si trovano in zona, in parole povere :E’ necessario che le Istituzioni conoscano il territorio nelle sue peculiarità storiche, culturali, ambientali e paesaggistiche il più compiutamente possibile. Solo così si è in grado di proporre una offerta articolata che consenta di riempire o cercare di riempire quel buco di 265 giorni annuali nella economia turistica dell’Alto Appennino Bolognese. La classifica del Comune messo peggio nella Città Metropolitana è stato frutto di una ricerca ragionata e, direi, scientifica, quindi non mi sembrerebbe il caso di accusare detti ricercatori di essere denigratori, o peggio, della realtà del Belvedere.

 

Ettore Scagliarini

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