Sciare e scendere

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Ho letto della pista per sci su erba di Gaggio Montano. Vorrei focalizzare proprio sullo sci in senso generale, ma, specialmente, per quello su neve. Bisogna subito fare il punto su come oggi viene vista detta attività rispetto a 50 anni fa. Partiamo dal passato. Per varie ragioni su cui è inutile dilungarsi, lo sci era visto come un imperativo categorico sociale, chi non sciava o non faceva la settimana bianca poteva essere considerato quasi un reietto sociale. La società è cambiata. Oggi che uno scii, faccia o meno la settimana bianca non interessa quasi nessuno. Ne ho la prova tangibile facendo parte di associazioni sportivo-culturali. In una, fra il 1965 ed il 1980 eravamo un gruppetto din sciatori, dai 15 ai 20, che facevano da traino per amici e parenti. L’associazione, allora, contava tra gli 80 ed i 100 soci. Oggi con quasi 150 soci, in gran parte giovani e sportivi, non ce n’è uno che scii . La riprova di questo calo l’ho avuta l’anno scorso, nel mese di Febbraio. Ero a sciare al Corno, sia nei fine settimana che in un paio di giorni feriali e, in nessuno dei due casi, ho avuto file dinnanzi a me di due persone alle partenze delle seggiovie. Se andiamo indietro di 30-35 anni, in detti posti le file di attesa erano incredibili. Quindi, come accertato da studi demoscopici e da esperti del ramo, lo sci ha avuto un calo di appassionati notevolissimo. Non solo sotto l’aspetto numerico, ma anche sotto lo spirito che porta a fare detta attività. Come ha scritto Giorgio Gaidola, lo “Sky spirit” che animava i frequentatori delle montagne innevate è quasi scomparso. Oggi non si scia più, si scende. Queste discese, che sono quasi ad un prescindere dall’ambiente montano nel concetto del passato, possono essere fatte ovunque, su colline attrezzate nei dintorni delle citta, anche su quelle dei rifiuti, sui termovalorizzatori, su tralicci appositamente montati e via sbizzarendosi. Dal momento che ci si reca lì non per “Sciare” ma per “Scendere”, i luoghi così deputati possono fungere da siti per Apericena, incontri gastronomici, discoteche e chi più ne ha più ne metta. Dalle interviste fatte a coloro che frequentano detti luoghi per “Scendere”, si è ricavato che la maggior soddisfazione l’hanno nel non perdere tempo in ore di viaggio e nell’ avere a portata di mano luoghi di ritrovo. Questo, ovviamente, riguarda solo lo sci. Se analizziamo l’intero comparto turistico gravitante sulla montagna, scopriamo che il turismo che va per la maggiore, con aumenti annui a due cifre, è quello legato alla storia, all’ambiente naturale, alla cultura, al camminare tranquillamente in luoghi ameni ed altro che potremmo definire un turismo soft. Basta dialogare con gli operatori economici posti lungo le vie di transito transappenniniche o legate a fenomenti storico-religiosi, per averne la conferma. Ritorniamo con i piedi in Appennino. A Gaggio Montano hanno aperto questa pista da sci su erba. Gaggio non è il Corno alle Scale, ma ha avuto una iniziativa “Sciatoria”. Come scrissi, se avviene che qualche potentato economico trovasse conveniente attrezzare una collina nei dintorni Sud di Bologna con piste in plastica ed erba, discoteche, bar, ristoranti ed altro di intrattenimento, quanti appassionati di “Scendere” preferirebbero spendere 20 minuti tra andata e ritorno e divertirsi lì invece di scarrozzarsi per 5 ore lungo la SS 64 per andare e tornare dal Corno ? Discese che potrebbero essere fatte in qualunque giorno dell’anno ed in qualunque ora. Se quella di Gaggio Montano potrebbe anche essere vista quale avvisaglia del cambiamento “Sciatorio”, quale insegnamento avrebbero dovuto ricevere chi, nell’Alto Appennino Bolognese è attaccato da decenni ad un solo comparto, quello sciatorio, appunto, in costante diminuzione ? Ciò che mi ha meravigliato, in questi 35 e più anni di trend negativo, è stato il costante rifiuto se non l’ostracismo a qualsiasi altra forma di turismo o di attività che non fossero legate allo sci. Adesso, sempre in detta ottica, si parla di una seggiovia a 6 posti anche per portare in crinale persone con problemi motori quando alla base non esistono infrastrutture per queste persone e neppure per quelli con capacità motorie. Non vorrei passare per la Cassandra dell’Alto Appennino Bolognese, ma, se non si opera massicciamente per crearsi una immagine di zona consona al turismo del 3° Millennio adeguando l’offerta a quelle che sono le rischieste della società di oggi, vedo un futuro non molto roseo. E’ necessario un profondo cambiamento culturale in grado di modificare, arricchire e diversificare l’offerta turistica. Non sono i cannoni sparaneve o le seggiovie multiposto che attraggono la maggioranza dei turisti di oggi. Passato il boom legato alla quarantena ed al coronavirus, sarà meglio, dal mio punto di vista, impostare un piano di rilancio basato su : Cultura, storia, luoghi di culto, transiti transappenninici, ambiente e….sci fin quando questo apporterà una qualche risorsa. Chiudo con una osservazione pratica : se mettere impianti a fune fosse tanto redditizio lungo le vie di transito o in zone di percorrenza, perché non le hanno sistemate sul Camino de Santiago in Spagna (milioni di visitatori), la Via Francigena, la Via degli Dei o la Via della Lana e della Seta in Italia ?

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