Ambientalismo e montagna

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Da cultore di Antropologia culturale e sociale, vorrei fare qui una serie di brevi osservazioni sul fenomeno dell’ambientalismo e dei suoi rapporti con l’ambiente montano e la sua popolazione. Tengo a precisare che focalizzerei queste mie osservazioni sul territorio dell’Alto Appennino Bolognese. Innanzi tutto bisogna osservare che i movimenti ambientalistici hanno avuto una genesi prioritaria nei centri urbani. Le ragioni sono molteplici.

La prima è il tipo di ambiente nel quale l’uomo si è trovato a vivere, totalmente, o quasi, innaturale. Spesso detti centri urbani hanno una sensibile carenza di aree verdi di dimensioni considerevoli. Quindi l’abitante della città. alla ricerca di ambienti più naturali, è stato forzato ad allontanarsi da tali zone di sua residenza. Per un certo periodo, parlo tra l’inizio anni 50 e fine anni 80 del secolo scorso, anche le aree montane, quelle che qui ci interessano, hanno avuto quale modello di sviluppo economico quello derivato dalla concentrazione urbana . Quindi : motorizzazione, seconde case spesso in palese contrasto con l’edilizia storica dei posti, lo sci con i relativi impianti di risalita, strade di penetrazione montana ad uso di fuoristrada ed appassionati di motocross cui era consentito percorrere mulattiere, sentieri anche in quota.

Questo modello era accettato anche da gran parte dei cittadini che si recavano per turismo in montagna. Poi, pian piano, proprio nell’ambiente urbano, ci si è iniziati a chiedere :”Ma ha un senso esportare detto modello in zone che dovrebbero essere più simili ad ambienti naturali devastandole in maniera talvolta irrecuperabile e facendo sì che chi percorre sentieri debba essere infastidito dagli stessi mezzi meccanici della città. Ma in edilizia non sarebbe meglio utilizzare modelli più consoni alla storia dei posti? E’ sensato dirottare notevoli risorse economiche, spesso di danaro pubblico, in un comparto, quello dello sci, in evidente contrazione ?” . Queste osservazioni dovevano e devono coniugarsi con gli interessi economici delle popolazioni che in queste montagne vivono e che trovano nel turismo una sostanziosa fonte di reddito. Talune modifiche sono state apportate.

Non è più possibile frequentare strade forestali, mulattiere e sentieri con mezzi a motore se non appositamente autorizzati per valide ragioni e per determinati tempi. Sull’edilizia ha provveduto la caduta di appeal per la seconda casa stante i costi e il cambiamento di richieste turistiche della società. Lo sci, che per vari decenni ha rappresentato l’imperativo categorico sociale indiscutibile, sta mostrando da anni una certa contrazione e caduta di appeal cui vi è da aggiungere l’elevato costo per praticarlo. Il cambiamento, potrei dire epocale, del fare turismo in montagna si è orientato su percorsi da farsi a piedi, talvolta con varie tappe, la frequentazione di zone storiche, ambientali o di interesse geologico, religioso o paesaggistico. Questo, in una qualche maniera, ha preso in contropiede la mentalità, consolidata da vari decenni, di un modello di turismo valido sino a 30 anni fa, delle popolazioni della montagna. Quindi ci siamo trovati dinnanzi a due trincee, da una parte l’Ambientalismo teso a tutelare l’ambiente montano da ulteriori devastazioni e dall’altro una popolazione montana che, nel cercare di tutelare le proprie entrate economiche, ha visto, nell’Ambientalismo una ideologia tesa a limitare se non a distruggere la propria economia.

A mio avviso, sarebbe opportuno, invece, che le due concezioni sull’ambiente e sulla economia montana, dialogassero tra loro e coniugassero le rispettive aspirazioni in maniera da difendere e potenziare l’economia della montagna apportando nuovi modelli di sviluppo quali richiesti da una società in forte cambiamento. Le guerre di religione non hanno mai portato benefici. Un serio e costruttivo confronto di idee sarebbe assai proficuo specialmente per coloro che abitano in montagna e che vedono ridursi di anno in anno le proprie possibilità economiche. Con la speranza che anche a livello di Amministrazioni si organizzino convegni su questo argomento con la più ampia partecipazione di tutti coloro che amano le nostre montagne, chiudo queste mie osservazioni.

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