Avendo praticato lo sci, sia in pista che sci-alpinismo, per circa 65 anni, vorrei fare qui una serie di considerazioni su tale attività sportiva. Partiamo dagli anni 50 del secolo scorso quando nevicava a Bologna e si metteva in funzione la funivia di San Luca affinché gli sciatori potessero scendere lungo i campi innevati in direzione, appunto, della stazione di partenza. Le colline ed i rilievi attorno a Bologna erano, per vari mesi, ricoperti da una spessa coltre nevosa. Vi era una specie di imperativo categorico sociale che “obbligava” a praticare tale attività. Non era casuale che a Bologna vi fossero, vado a memoria, 5 club dello sci, forse ve ne erano altri che non ho conosciuto. Con i miei coetanei viaggiavamo con i famosi pullman della neve verso stazioni invernali sia vicine che lontane, non avevamo ancora la patente. Sia nei viaggi in pullman che sulle piste si coglieva occasione per attaccar bottone con qualche fanciulla. Mi ricordo, sino alla fine anni 80, le file chilometriche in attesa di utilizzare gli impianti di risalita, prima sciovie e poi seggiovie. Poi qualcosa si è inceppato. Già al Corno alle Scale, per entrare nel parcheggio, si doveva pagare un biglietto, poi, stante il calo di frequentatori, il balzello fu tolto. A rivedere la cosa a distanza di tempo, alcuni particolari balzano alla mente : un progressivo calo dell’innevamento naturale parzialmente supplito dai cannoni sparaneve, un innalzamento della temperatura invernale che ha fatto sparire le nevi dai dintorni di Bologna e contratto il tempo di utilizzo delle varie piste in montagna, la scomparsa dell’imperativo categorico sociale di dover essere sciatore, oggi è una cosa che non interessa più nessuno, l’aumento notevole del costo di tale attività in maniera tale che molte famiglie non possono più praticarlo, la perdita del fascino delle montagne spesso prive del manto nevoso e dove, per sciare, ci si ritrova a scendere lungo toboga di neve sparata, la scomparsa del fuori pista, parlo del Corno, quando, grazie a metri di neve, era possibile percorrere lunghissimi ed affascinanti tragitti lungo alcune valli del comprensorio. Oggi lo sci, per quanto enfatizzato dai media, risulta una attività, se non marginale, certo in forte contrazione nell’economia della montagna. Questo però fa a pugni con una enfatizzazione di nuovi impianti da non credere. Mentre vi sono comparti sociali in affanno, si pensi allo smantellamento della Sanità, a trasporti e vie di comunicazione non proprio adeguate ai tempi, a mancanza di normative e fondi atti a sostenere le attività produttive site in montagna, ci troviamo dinnanzi a colossali investimenti in impianti a fune con la prospettiva che, entro non molti anni, detta attività, lo sci, sia difficilmente praticabile causa la Crisi Climatica. Crisi Climatica sempre messa sotto il tappeto come certe immondizie o semplicemente negata da gran parte del mondo politico. E qui capiamo il perché di tanta enfasi nel costruire nuovi impianti di trasporto a fune : vi sono colossali APPALTI . Purtroppo il nostro mondo politico-amministrativo non sa resistere al canto delle sirene degli appalti. Ed infatti vediamo colossali spese per inutili opere mai utilizzate, altre mal fatte, altre di dubbia utilità, tutte però accomunate da faraoniche spese di pubblico danaro. Dal momento che assumere personale sanitario non necessitano appalti, i giovani laureati in medicina o in ambito sanitario se ne vanno all’estero. Da qui, ovviamente, tempi biblici per ricoveri, cure ed altro. Questo della Sanità, è uno dei vari problemi, se non il più grave, cui non sembra si voglia porre rimedio, che manchino i sostanziosi APPALTI ?