Per l’ultimo appuntamento della rubrica alla scoperta dei luoghi dimenticati del territorio, questa volta ci sposteremo nell’Appennino tosco romagnolo, in quello che è stato un luogo di grande importanza strategica per la comunicazione ed il commercio del diciannovesimo secolo.

Brento Sanico è situato nel comune di Firenzuola e si può raggiungere percorrendo la strada lastricata di media difficoltà, partendo dalla Pieve di San Pellegrino.

La camminata è abbastanza impegnativa, per chi non pratica molto il trekking, ma il panorama che viene offerto agli occhi man mano che si sale è pronto a ripagare di ogni sforzo.

Le indicazioni per giungere al borgo sono evidenti e non si corre il rischio di sbagliare strada e lungo il sentiero qualche tappa per immortalare la valle circostante è d’obbligo.

Dopo circa un’ora in tutta tranquillità, le prime case appaiono tra la vegetazione, ancora discretamente conservate anche se stiamo comunque parlando di ruderi.

Il borgo vero e proprio svetta però proprio sulla piana che sovrasta la Valle del Santerno e, dopo una prima, attenta, ispezione a ciò che resta dell’abitato, si giunge alla Chiesa dedicata a San Biagio, ancora ben conservata e sottoposta a diversi interventi di restauro.

Non appena si accede all’edificio sacro, lo stupore conquista: la volta color blu notte avvolge la mente e si rimane per qualche minuto a contemplarla, ammirando la brillantezza dei colori, mentre il giallo paglierino degli interni contribuisce a rendere perfetto lo spettacolo artistico che il viandante ha la fortuna di trovarsi di fronte.

La pietra locale domina la costruzione dell’intera struttura, così com’è anche per le abitazioni appena visitate.

Resistenza e durata nei secoli traspaiono dalla roccia e le arcate in pietra della chiesa suggeriscono una somiglianza con la più famosa sala della Rocchetta Mattei.

Personalmente, la visita a Brento Sanico mi ha colpito particolarmente e non posso certo dire che le immagini rendano giustizia alla realtà perché così non è.

Ciò che si prova a fare il proprio ingresso in un luogo dove il tempo sembra essersi fermato e l’eco della vita rurale che fu e venne abbandonata a favore di vie di comunicazioni più agevoli, è comunque qualcosa di unico, che si riesce a sentire solamente camminando tra una casa e l’altra, mantenendo ovviamente il dovuto rispetto e l’immancabile prudenza.

Da scrittore, la fantasia corre veloce in ogni angolo ed è piacevole anche abbandonare i cenni storici per qualche istante, lasciando a briglia sciolte la fantasia e immaginando storie che percorrono quei luoghi e potrebbero essere scritte anche allo scopo di mantenere l’identità stessa di Brento Sanico e il suo posto di importanza nell’Appennino.

Dopo aver donato una piccola offerta nella cassetta della chiesa per il restauro della stessa, mi accingo a tornare sui miei passi, accompagnato dai boati un pochino inquietanti che provengono dalla cava poco distante dalla quale si estrae la pietra serena della zona e non posso che dirmi soddisfatto di questo nuovo viaggio, che ha aumentato la mia conoscenza e la mia voglia di scoperta di questo territorio sconfinato, che non manca di regalare sorprese ed emozioni nuove.

Con grande piacere, apprendo poi che è in corso un bellissimo progetto di restauro totale di Brento Sanico, con il completo recupero delle abitazioni e una nuova abitabilità che, in futuro, potrà essere data in comodato d’uso a tutti coloro che avranno voglia di trascorrere un periodo a stretto contatto con la natura, in un luogo storico e decisamente suggestivo.

Incrocio le dita anch’io perché la signora Anna e Don Antonio possano compiere questo grande miracolo e dare una sospirata seconda vita a questo splendido contesto.

Il documentario “La rinascita di Brento Sanico” reperibile su Youtube e realizzato dal fiorentino Tommaso Tucci, ha contribuito a far conoscere meglio l’iniziativa ed ulteriori informazioni si possono reperire scrivendo all’indirizzo mail piccoloedada_2014@libero.it

Per quanto mi riguarda, sono giunto (con evidente rammarico) al termine anche di questa seconda “stagione” della rubrica sui luoghi abbandonati del nostro Appennino.

Non mi resta che ringraziarvi per avermi seguito numerosi anche quest’anno e aver fatto domande e commenti che stimolano sempre la voglia di conoscenza e scoperta.

La promessa è quella di tornare nell’estate 2021 con altri luoghi esplorati e nascosti, tentando di appassionare quante più persone possibili e non far mai morire la fiamma delle proprie origini, strizzando l’occhio alla speranza che finalmente si possa fare tutto questo anche in gruppo, magari potendo abbracciarsi stretti per esternare la giusta soddisfazione di essere arrivati alla meta.

Grazie a tutti ed a tutti buona vita!

 

Foto di Fabrizio Carollo

SHARE

Un commento

  1. Avevo letto dell’iniziativa di Brento Sanico di rimettere a posto alcune costruzioni e darle in comodato d’uso. In altri luoghi si è optato per la vendita ad € 1 di immobili con l’obbligo di ristrutturarli . Ambedue le soluzioni le giudico intelligenti. Si richiamano persone ad abitare questi borghi, chi viene, sia stabilmente che temporaneamente, investe danaro sia per il proprio mantenimento che per quello dell’immobile dando lavoro alla comunità ove si trova. Giorni fa, transitando per il centro di Vidiciatico, ho visto, proprio nei pressi della “Fontana della Salute” un immobile in fase di crollo, vicino ad un altro messo, ormai, in condizioni analoghe. A parte l’aspetto estetico deprimente, ma, essendo detti immobili abbandonati da anni, non sarebbe stato il caso, almeno 10 o 15 anni or sono fare un’opzione di quelle di cui sopra ? Vi sono diverse case abbandonate che potrebbero essere utilizzate con le modalità accennate, ovvero vendite simboliche o comodati d’uso. Forse un ostacolo a questo tipo di operazioni è dato da quel tipo di mentalità legata al possesso che si traduce nella frase :”L’è el mé” (E’ il mio), meglio una rovina di sassi che l’utilizzo da parte di qualcun altro. Qualcuno potrebbe ipotizzare l’intervento di qualche ente pubblico o amministrativo, ma siamo in Italia. Nel nostro Paese è più facile costruire centinaia di migliaia di abitazioni abusive anche su spiagge demaniali che riuscire a salvare un patrimonio edilizio spesso storico. Nel caso delle case abusive si è certi che non se ne accorgono né le pubbliche amministrazioni né l’Agenzia delle Entrate, visto che sono sempre lì, in piedi e neppure a catasto.

Lascia un commento

Please enter your comment!
Please enter your name here