Qualche anno fa scrissi all’assessore di Pistoia chiedendogli, e consigliandogli, di asfaltare il tratto che dalla Porrettana, versante bolognese da Ponte della Venturina, conduceva al Passo della Collina, autentico terrazzo della città di Pistoia.

La strada era disastrata ma bellissima, dall’incrocio con la Porrettana lunga  appena 4 km ma tutta immersa in splendidi castagneti che attraversa delimitata da muretti in sasso che oltrepassano i numerosi corsi carichi di preziosa acqua.

Erano ormai 10 anni fa, il Sindaco mi diede la classica risposta: “Non ci sono soldi.”

Quella salita la continuai a fare nonostante la difficoltà più grande fosse l’evitare i crateri e i tratti di vecchia mulattiera che saltavano fuori non di rado dall’asfalto disastrato. Una difficoltà eroica forse anche un po’ romantica ma che non permetteva di ammirare lo splendido scenario che stavo attraversando.

Poi i soldi sono arrivati, siamo nel 2020 e la Galleria del Signorino, che fu la causa del lasciare andare la vecchia strada che saliva al passo, è ora da ristrutturare. Una sola via per andare a Pistoia, riattivare il vecchio passo.

Chiamo Gianluca a cui avevo promesso un bel giro, ci troviamo a Silla in un mattino che preannuncia afa e sudate epocali ma che a LaCà aveva regalato una meravigliosa e fresca alba tra il Belvedere e il Serretto e una fredda discesa verso il Reno.

Partiamo e prendiamo subito la Porrettana, attraversiamo una Porretta che si sta svegliando e cominciamo a salire verso Pavana.

Il bacino nel paese del Maestro Guccini è un buco vuoto, tetro come i danni che ha portato il suo svuotamento nel Reno, ma la strada non è ancora trafficata e il bosco profuma della notte appena trascorsa, con la brina che ha bagnato ogni albero, ogni arbusto e ogni anfratto.

Arriviamo al bivio del passo attraversando i borghi storici di questa antica strada e cominciamo a salire. Ho una sorta di emozione nell’iniziare la scalata, la mia mail non servì certo per ripristinare questa strada, ma un po’ mi sento lo stesso meritevole di lode, per lo meno lungimirante. Le pendenze costanti e pedalabili, ma da salita vera, scorrono sotto le nostre ruote, la strada è un serpente che costeggia la montagna e l’accarezza dolcemente, alcuni parapetti sono ancora diroccati ma altri sono in via di rifacimento.

L’asfalto è un biliardo, con Gianluca pedaliamo agili e ci godiamo il silenzio del bosco. Arrivati in cima la discesa inizia proprio all’inizio del paese, un borgo ancora vivo, nonostante anni di isolamento. Una locanda da sempre presente dove mi fermai anni fa e dove un allegro novantenne mi preparò un eccelso panino con Prosciutto toscano e villette dal vero aspetto montanaro che si affacciano tutte verso la Toscana, dalla sottostante Pistoia, fin verso la lontana Versilia, esaltano ancor di più questo Passo appenninico.

Il giro per me potrebbe finire qui, erano anni che volevo fare questa salita in scioltezza e finalmente l’ho fatta. Da LaCá è la classica sgambata che porta quasi cento chilometri e un abbondantemente mille metri di dislivello.

Ma non finiamo qui, scendiamo verso il Signorino e ci arriviamo velocemente, nonostante ora la strada del versante toscano cominci ad aver bisogno anch’essa di una nuova asfaltatura. Dal Signorino scendiamo verso Pistoia incontrando diversi gruppi che salgono verso il Signorino e poi verso la Collina e chiedendoci cosa troveremo e quanti ciclisti incontreremo nel salire verso Le Piastre.

In realtà pochi, un paio solo che superiamo appena imboccata la salita.

L’inizio è tutto al sole, il fresco del mattino e della Porrettana sono un dolce ricordo. Conduco Gianluca per i primi chilometri, giusto il tempo di fargli un paio di foto e mi sposto lasciandolo sfogare con la sua andatura, che non è certo la mia.

Non incontriamo ciclisti ma tanto traffico di Pistoiesi e Fiorentini che scappano dall’afa cittadina verso l’Abetone.

Tengo Gianluca sempre in vista, la fatica comincia a farsi sentire ma è il caldo il vero nemico. Le Piastre sono una signora salita che non scende mai sotto l’otto per cento e spesso supera il dieci.

In cima ci fermiamo alla fontana Campari, una delle ultime rimaste in Italia, una fontana artistica costruita dalla ditta Campari in varie zone dello stivale come operazione commerciale e anche artistica.

Uno spritz sarebbe ideale ma la fontana eroga solo acqua, che sicuramente ci farà più bene, ma che lascia un desiderio alcolico nelle nostre fauci.

E comunque lo Spritz lo preferiamo all’Aperol.

Scendiamo verso Pracchia, poco prima del paese incontriamo il vecchio Steve, piange sempre una condizione non degna delle nostre ruote ma intanto, in sella alla nuova gravel, sta andando a farsi Cutigliano Doganaccia da la Lima per poi scendere a Fanano e risalire a Vidiciatico dalla Masera. Un altro  giro bellissimo che con un po’ di incoscienza si può fare anche con solo la Bici da corsa.

Salutiamo Steve e continuiamo a scendere, a Biagioni giriamo e cominciamo la scalata verso Case Boni e poi sempre più dentro all’Appennino Tosco Emiliano verso il Nibbio e Case Forlai. Un  vero paradiso pedalare in mezzo a quei boschi se non fosse per pendenze arcigne e dalla strada un po’ sporcata dal vento e dalle intemperie dei giorni passati.

In zona è forse la strada più bella dove poter pedalare sentendosi parte di questi monti.

Arriviamo a Granaglione godendoci il silenzio e lo splendido panorama che si apre verso la valle del Reno e constatando la fortuna di essere nati e vivere svegliandosi ogni mattina contornati da quei boschi. Eppure la montagna si sta svuotando e noi l’unica cosa che possiamo fare è testimoniare la bellezza di questi incantevoli luoghi. Attraversiamo Granaglione e poco fuori la Lustrola svoltiamo a sinistra scendendo verso Molino di Granaglione e salendo successivamente verso Capugnano.

Arrivati sulla provinciale della Madolma con il sole che cuoce e le lancette dell’orologio vicine alle dodici, saliamo decisi verso Castelluccio. In cima, dopo due chilometri tremendi quanto il caldo patito, ci scoliamo una coca e scendiamo a Panigale.

A salire verso Lizzano soffro il ritmo gentile di Gianluca, ma lo affianco varie volte cercando di tirare fuori dal barile tutto l’orgoglio che ho.

La montagna è piena quest’anno, lentamente lasciando sfogare le auto, attraversiamo Lizzano e decidiamo di saltare Vidiciatico andando alla Masera da Villaggio Europa. Per salire a LaCà, dopo un giro del genere, decidiamo di prendere la parte più dura, che come sempre è la più bella, scendiamo a Farnè e risaliamo lungo i castagni e le querce di Cà Vighi, Cà Tonielli, le Borelle e Cà Corrieri.

Per Gianluca è tempo di scendere a Silla dove ha lasciato l’auto, io invece sono arrivato, dopo 130 km e 2600 metri di dislivello.

E il Passo della Collina finalmente fruibile a tutti, un tesoro ritrovato per tutto l’Appennino.

 

Foto di Enrico Pasini

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Un commento

  1. Bello questo racconto, quanti bei ricordi mi sono venuti in mente, di quando il mio babbo mi portava sulla neve che ero una bambina, a ora che vado con mio marito a prendere il fresco che il passo della collina ci regala ogni estate, magari facendo un salto a porretta per una passeggiata e un caffe che ci sono lungo il paese.

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