La Morte di Davide Rebellin

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Questo post contiene immagini forti, non solo visive.

Questa foto è la morte di Davide Rebellin, questa bici era la bici di Davide Rebellin.

Una di quelle bici da svariate migliaia di euro accartocciata, piegata, spezzata, distrutta.

Vedere il mezzo che tanto amiamo ridotto così ci ha lasciato sgomenti. Ci vediamo la nostra bici, ci si stringe lo stomaco, il cuore rallenta mentre la mente nasconde dietro ad uno dei tanti paraventi che posizioniamo dietro le nostre convinzioni, che su quel mezzo, potevamo esserci noi.

Su quel mezzo c’era Davide il cui corpo, in pochi lo hanno notato, è 100 metri prima della bici, coperto da un telo verde.

In quel corpo che un camionista assassino ha ridotto quanto la bici che cavalcava, Davide non c’è più.

Davide quel giorno è stato sbalzato via da questa vita senza smettere di pedalare, pedalando verso un’eternità che aveva provato a rendere terrena correndo fino a pochi mesi fa.

Qualche giorno fa avevo raccontato un episodio di reciproco Rispetto. In questa  storia, come tante altre, il reciproco rispetto non c’è stato. A prescindere da quello che ha poi fatto il camionista, Davide era comunque già morto.

Siamo in guerra, questa è la realtà.

Non una guerra tra utenti della strada chi in bici, chi in moto, chi a piedi, chi su auto, o camion, siamo un paese in guerra contro noi stessi, contro le nostre frenesie quotidiane, contro il nostro essere che da soli ci siamo creati. Quello che possiamo noi, non lo possono fare gli altri.

Ci lamentiamo della gente senza capire che la Gente siamo noi.

Vince sempre il più forte, perde sempre il più debole, il problema è che spesso il debole perde la vita.

Si parla tanto di sicurezza in strada, si parla tanto, troppo, e non si fa niente.

Nessuno fa niente.

Dalla politica, che mette velox, dossi, limiti ai 30 km/h, inaugura finte piste ciclabili, spesso mai ciclabili, quasi sempre promiscue, una politica che parla di sicurezza, di cambiamenti climatici, che si pone obbiettivi che mai raggiungerà e che non ha neanche intenzione di raggiungere.

E gli esempi ce li abbiamo davanti agli occhi.

Non hai intenzione di contrastare i cambiamenti climatici se dai il permesso di raddoppiare un centro commerciale e triplicare il suo parcheggio.

Se avevi questo obbiettivo raddoppiavi il centro commerciale e lasciavi intatti i parcheggi esistenti o, esagerando, li dimezzavi, aumentavi i mezzi pubblici “obbligandoci” a raggiungere i nostri vizi in altro modo.

Nella folle politica degli oneri urbanistici facevi costruire nuove infrastrutture per gli utenti più lenti della strada, invece che rifare svincoli stradali senza pensare minimamente a questi utenti, lasciando la zona industriale adiacente raggiungibile praticamente solo in automobile.

Ogni riferimento ai lavori del nuovo Gran Reno e alla zona industriale di Zola e Casalecchio non è puramente casuale.

Parli, troppo, pratichi niente.

È la politica, è lo Stato, siamo noi.

Noi siamo la Politica, noi siamo lo Stato, noi siamo quelli che non riescono a fare i 30 in centro abitato, ma davanti ad un autovelox con limite 50 facciamo anche i 29 per non rischiare niente, e li facciamo pure nell’altro senso dove il velox non c’è.

Siamo anche noi che abbiamo permesso ad un camionista tedesco, già condannato in Italia per reati simili, di uccidere Davide Rebellin scendere dal camion per vedere come lo aveva ridotto, risalire e scappare.

Sentiamoci responsabili, diamoci delle colpe perché le abbiamo e cominciamo a cambiare, subito che siamo già in colpevole ritardo.

Davide, Rebellin e Michele, Scarponi, sono solo due famosi testimonial involontari di questo schifo italiano, non è solo italiano, ma è un pochino più schifo che da altri parti.

Dietro Davide e Michele ci sono altre centinaia di vittime che chiedono che la loro tragedia non si ripeta.

Lo stesso giorno della morte di Davide a Ferrara è morto Manuel, un ragazzo di 16 anni, che in coppia con un amico aveva scelto di andare a casa di amici in bici. Il suo amico si è svegliato oggi in ospedale ma continua ad essere in rianimazione.

Forse lui si riprenderà.

Non so invece se si riprenderà il trentasettenne che li ha investiti con il suo Suv Bmw. Forse i ragazzi non avevano luci, non avevano catarifrangenti, forse non erano visibili e l’adulto non ha fatto in tempo ad evitarli. Li ha investiti, li ha travolti e li ha lasciati lì, distrutti per terra.

Invece di soccorrerli è scappato, per andare tre ore dopo in commissariato ad autodenunciarsi travolto dai sensi di colpa.

Perché scappare? Ma perché scappare?

Davide, 51 anni, stava crescendo dei giovani nello sport della sua vita, Manuel 16 anni stava crescendo per diventare uomo. Non lo diventerà mai.

Cambiamo. Adesso. Subito.

Basta teli verdi in fondo a primi piani di biciclette accartocciate.

 

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