CICLISMO – GIRO D’ITALIA: A Napoli volata vincente di De Gendt

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Questo non è il mio lavoro. Non lavoro per scrivere. Poche persone lo fanno in Italia, io non sono tra queste. Un po’ ne vado fiero.

Sono operaio, da 22 anni, nel tempo libero scrivo, tra le altre cose, (pedalo anche), e quello che scrivo non mi è mai stato remunerato. Altra cosa di cui vado fiero oltre ad essere operaio.

Scrivere è una passione, come tutte le passioni, è fatica. Scrivere e pedalare, in più lavorare. In pochi lo fanno. Ne vado fiero.

Scrivere è la passione che ti fa arrivare a casa alle 22:30 dopo 8 ore di lavoro, ti fa leggere un paio di articoli, ti fa guardare velocemente la tappa e ti fa buttare giù due righe su quello che hai visto e hai letto.

Scrivere è la passione che alla mattina, alle 4:30, dopo 6 ore, dopo un turno di 8 ore, ti sveglia non perché c’è da andare a fare straordinario mentre gli amici si vanno a fare il Giro stupendo del Cinghiale, ma perché c’è da mettere a posto l’articolo scritto 5 ore prima e mandarlo al direttore, che una volta ti ha visto, tante ti ha letto e tanta è la fiducia che ti dà l’onere e l’onore di mettere la tua firma e la tua faccia su un articolo.

E non ce la fai a finire il lavoro, vai a lavorare, vai a farti pagare, timbri alle 5:46 e fino alle 8 non hai pausa.

Alla prima pausa caffè di 10 minuti ti metti sotto il gazebo, caffè triste ma profumato della macchinetta, finisci l’articolo e lo mandi. E torni a fare il tuo dovere.

Stanno forse qui le differenze? Quale il dovere, quale il lavoro, quale il rispetto?

E quale la passione?

La bici è passione, la Bici è vita, la tappa Napoli-Napoli è vita e passione, è Napoli, quella Napoli che chi scrive, forse per paura di: Vedi Napoli poi Muori, non l’ha mai vista.

Ma oggi a vederla Napoli si capisce che non si può morire per Napoli, la bellezza a volte uccide, ma Napoli non può far morire, Napoli è Napoli.

Lo sanno tutti, lo sa anche Van Der Poel che scatta subito da solo, come Diego Rosa verso Scalea, ma che, al contrario di Diego, dopo poco si ritrova a ruota altri 20 colleghi, lí in fuga solo per lui. Tra questi c’è anche Bini.

Tutti considerano Mathieu, nessuno considera Bini. Ma i due sono lì, in fuga insieme ad altri 20 colleghi, tra l’altro tra questi anche Guglielmo Martino, in francese Gulliarme Martin, che poi in carriera tanto lontano dall’aver provato a vincere un grande Giro non c’è stato.

Pou Pou Van Der Poel ci prova, con intelligenza e con incoscienza, bello nella sua livrea militare, che visto il periodo andrebbe evitata, ma che lo rende più autorevole che in quella classica blue. Dietro di lui Bini, Girmay, eritreo, ragazzo, 22 anni sposato e padre di una meravigliosa creatura di qualche mese. Bini pedala con un’eleganza contraria a Mathieu. Eleganti entrambi, Mathieu potente e irriverente. Bini agile ed educato. Troppo.

Troppo poco educato Mathieu.

Imbarazzanti lo sono entrambi, per  come si marcano e si annullano, davanti a chi le fughe sembra averle inventate prima di essere nato, lui che rispetto a loro ha 9 e 12 anni in più.

Lui che di nome si chiama Thomas, di nazionalità è belga, e di cognome fa DeGent.

Ha scritto un’autobiografia edita da Mulatero editore, Solo.

Oggi solo, c’è stato, solo, sulla linea del traguardo, primo.

Eppure chi scrive era arrivato a casa alle 14:35 dopo 10 minuti di straordinario, quasi ordinario, giustamente non pagato, gustandosi un pranzo in terrazzo insieme alla famiglia che lo aveva aspettato, sulla valle del Samoggia e la TV spenta. Particolare apprezzato.

Aveva acceso la Tv dopo il caffè e la doccia, si era seduto sul divano, aveva visto 5 minuti di Giro e si era rialzato per alcune commissioni che solo il sabato pomeriggio può privilegiare.

Nell’andare verso queste commissioni RadioRai accesa.

Quanto è bello ascoltare il giro per Radio. Senza vedere, senza interpretare, senza confondersi. Solo il loro commento, le loro sensazioni, le loro verità, forse a volte sbagliate, ma alla fine verità. Quelli di Radio Rai, li ascolto da Anni, sempre raccontano la verità , come oggi, magari sbagliando.

In auto verso il solito, triste, in-utile, in-dispensabile, centro commerciale, quelli di Radio Rai, vedevano De Gent stanco.

E io mi chiedevo:

Possibile?

No, la Napoli Napoli, che se fosse stata una pizza l’avrei divorata, ma era una tappa e comunque me la divorerei in pedalate, l’ha vinta Thomas De Gent.

Mica Solo, in volata, trainato, aiutato, spinto ed abbracciato da un compagno di squadra, anche lui a braccia alzate.

Ed è il secondo giorno consecutivo che da dietro si alzano le braccia al cielo.

Chi pensa che il Ciclismo sia uno sport singolo e non di squadra si sbaglia di grosso.

Oggi Abruzzo, e basterebbe la regione, BlockHouse e basta il punto.

 

Foto da immagini RAI

 

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