LEGAMBIENTE: Il taglio degli ippocastani malati al Parco della Chiusa

Tra ambientalismo emotivo e la nostalgia della Soprintendenza

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Foto radiocittàdelcapo.it

 

La sostituzione degli Ippocastani del viale all’ingresso del Parco della Chiusa sta suscitando
una vivace opposizione. Noi ambientalisti chiediamo in generale che gli alberi possano essere lasciati a invecchiare, e anche morti, al loro posto, dove anche in queste condizioni svolgono importantissime funzioni ecologiche per la salute del bosco.
Ma quando gli alberi si trovano fuori del bosco, lungo strade trafficate e in giardini
frequentati, questo principio non è più applicabile, perchè gli alberi deperiti possono diventare pericolosamente instabili.
Solo un irresponsabile potrebbe pretendere di lasciarli, anche se certamente non lo farebbe
nel suo giardino di casa. L’area sotto gli ippocastani del Parco della Chiusa è frequentatissima e diversi alberi sono risultati, a una valutazione accurata e documentata, pericolosi per l’incolumità dei frequentatori.
Recentemente ci sono stati schianti che solo per fortuna non hanno procurato danni gravi.
La decisione di procedere a una loro graduale sostituzione è quindi giustificata; in Consulta
Ambientale Comunale di Casalecchio di Reno, che comprende le storiche Associazioni
Ambientaliste, proponemmo di piantare, al posto di quelli rimossi, delle Querce (Cerri), visti i problemi fitosanitari (e climatici) che rendono sempre più stentata la crescita degli Ippocastani.
Proposta accolta dall’Amministrazione ma respinta dalla Soprintendenza per ragioni
puramente sentimentali che non tengono conto delle esigenze degli alberi come organismi e delle loro funzioni ambientali.
Anche alla luce di questa spiacevole novità, la sostituzione degli Ippocastani dovrà avvenire
a nostro avviso con una maggiore gradualità di quella originariamente prevista. Gli alberi che attualmente si presentano in buono stato dovranno essere mantenuti più a lungo possibile, come del resto si farebbe se non avessero la “sfortuna” di trovarsi dentro un filare, considerando il grande valore monumentale che non può essere sacrificato sull’altare di uno schema estetico astratto e innaturale.
Questo principio dovrebbe avere un valore generale, applicandolo anche a tutte le alberate
stradali bolognesi che attualmente sono in corso di sostituzione integrale: non si può procedere al taglio di grandi alberi in buone condizioni solo per mantenere l’omogeneità dei filari o per ridurre i costi di manutenzione.
I grandi alberi vetusti svolgono funzioni ambientali molto superiori a quelli piccoli di
reimpianto (raffrescamento, depurazione e anche, nonostante qualcuno affermi erroneamente il contrario, fissazione di CO2), funzioni di cui abbiamo un drammatico bisogno ORA e nei prossimi anni. Riguardo ai maggiori costi di gestione, una corretta contabilità ambientale deve considerare i benefici economici concreti delle grandi chiome che ombreggiano strade e palazzi, e della CO2 immagazzinata nei grandi tronchi. Se lo si facesse, i piani di sostituzione integrale si dimostrerebbero in ampio passivo.
Quindi la nostra posizione è ben lontana dall’ambientalismo emotivo e sentimentale del
“non si taglia nulla” ma anche dall’ambientalismo di facciata che dice di inserire migliaia di alberi nelle città togliendo quelli grandi che già ci sono.
Tornando al caso specifico del Parco della Chiusa, la disponibilità dell’Amministrazione alle
nostre istanze è stata piena, quello che chiediamo ora è di prendere atto della situazione
potenzialmente critica che potrebbe crearsi di qui a pochi anni andando a tappe forzate verso la sostituzione integrale secondo i criteri imposti dalla Soprintendenza.
Claudio Corticelli
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