È la delusione il sentimento più immediato che traspare dagli sguardi dei lavoratori che presidiano i cancelli dello stabilimento Fiac di Pontecchio Marconi da ormai due giorni, ossia da quando la proprietà ha deciso la chiusura dello stabilimento e il trasferimento della produzione a Torino.

Una notizia piombata tra capo e collo su tutta la popolazione lavorativa, che non ha perso tempo e ha deciso all’unanimità per lo sciopero e il presidio dello stabilimento ventiquattrore su ventiquattro.

Preoccupazione per l’ombra minacciosa che sembra coprire il futuro di oltre cento famiglie del territorio, che tuttavia sono determinate a vincere una difficile battaglia, grazie anche al sostegno delle istituzioni locali, delle forze dell’ordine e delle persone comuni, che offrono il loro contributo portando cibo e bevande ai lavoratori a rischio accampati nel piazzale antistante il cancello d’ingresso e infondendo loro parole di conforto e solidarietà.

A seguito dell’incontro di ieri, voluto dalla proprietà, le posizioni non sono cambiate.

I vertici Fiac confermano l’intenzione di voler terminare la vita dello stabilimento di Pontecchio entro marzo del prossimo anno, giustificando questa pesante decisione con i problemi portati dal Covid-19, che hanno reso critica una già difficile realtà produttiva.

Parere non condiviso dalla totalità dei dipendenti e dai sindacati, che hanno confermato come invece la produzione stia andando avanti e come il fatturato sia in continuo aumento, di anno in anno.

Da persone serie quali siamo, abbiamo garantito la continuità della produzione anche in questo difficile momento…” commenta Barbara Gasparoni, delegata Rsu ed Rls “Ma l’azienda ci sta comunque facendo pressioni per far uscire dallo stabilimento quanti più prodotti possibili, accusandoci di far soffrire un business a causa della nostra decisione di avvalerci del giusto diritto allo sciopero, senza considerare il fatto, tra l’altro, che in tempi di emergenza Covid, è garantito il blocco dei licenziamenti.

Al momento, le possibilità di raggiungere un accordo che possa soddisfare entrambe le parti sembra davvero remoto, ma la forza dei lavoratori Fiac è totale, così come l’intenzione di mantenere in attività lo stabilimento del territorio e non far licenziare nessuno, da chi ha il contratto a tempo indeterminato a chi è a lavoro somministrato.

Lo sciopero è stato strutturato, in modo da scaglionare l’entrata degli operai in reparto, in ordine alfabetico ed a intervalli di due ore, in modo da non fermare i macchinari, ma restando decisa l’intenzione di non far entrare o uscire nessun camion.

L’unica cosa che l’azienda ha proposto è l’introduzione di un counselor del lavoro” continua la Gasparoni “cui ci possiamo rivolgere, per accettare e superare psicologicamente questa situazione.

Una proposta che appare più come una triste e tragica barzelletta, ai quali però i dipendenti Fiac non hanno prestato attenzione, così come non ci sono mai state garanzie di un ventilato ricollocamento a Torino, che rappresenterebbe invece un crollo definitivo di una realtà leader nel settore dei compressori da più di quarant’anni.

Dopo aver scongiurato la firma della lettera Pec di ufficializzazione di chiusura e trasferimento di Fiac, importante sarà l’incontro in Regione del prossimo 3 giugno, dove interverranno ancora i dipendenti a confronto con la proprietà.

I lavoratori stessi hanno proposto idee e progetti per riqualificare il sito, ma tutto rimane sospeso, almeno al momento.

Tra discussioni e inevitabili tensioni, la battaglia dei dipendenti Fiac si presume ancora molto lunga, allo scopo di non lasciar morire un’altra grande realtà delle nostre colline, che già hanno pagato in tributo durissimo in termini di occupazione.

L’unione dei lavoratori e la decisione collettiva di opporsi alla decisione scellerata di una multinazionale che guarda soltanto il bilancio è un sentimento che merita rispetto e ammirazione, figlio di ideali e valori morali che hanno permesso proprio la costruzione di grandi realtà italiane invidiate dal mondo, basate sul fatto che qualsiasi tipo di lavoro ha il cuore della sua forza e della longevità non nei macchinari e nelle pareti dei capannoni, ma nella volontà e nell’umanità delle persone, di qualsiasi categoria e livello si parli.

In Fiac non ci siamo mai tirati indietro di fronte al lavoro, rinunciando a tante cose e acconsentendo agli straordinari spesso richiesti. Ora vogliamo la nostra dignità lavorativa e personale, senza alcuna condizione e per tutti.

Venerdì 5 giugno è anche prevista una manifestazione di tutti i lavoratori e chiunque vorrà aggregarsi, sempre nel rispetto delle procedure di sicurezza anti covid.

Il corteo partirà alle 8.30 circa dallo stabilimento e arriverà fino al centro di Sasso Marconi, nella speranza che anche questo possa smuovere ancora più coscienze e aiutare chi non desidera altro che mantenere il proprio lavoro e i propri inalienabili diritti costituzionali.

 

Foto di Fabrizio Carollo

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