Riflessioni di un ciclista…”imprigionato”

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Pedalavo di buona lena, affaticato dalla giornata lavorativa, con la voglia di proseguire e l’impossibilità di farlo.

Ero ormai arrivato a casa, guardavo la Chiesa, ormai punto di arrivo di ogni rientro a casa, pensando a quando potrò arrivare lassù con tanti chilometri nelle gambe e non solo quei miseri venti che ormai le mie gambe conoscono a memoria.

Pensavo e pedalavo, rispetto al giorno prima per strada non c’era nessuno, la Bazzanese quasi deserta, un po’ di gente in giro a Ponte Ronca in fila ad aspettare la spesa per il weekend, per San Savino alcuni trattori a preparare il grano, che già si colora di splendidi papaveri.

Davanti a me il cartello Fagnano, sovrappensiero occupavo tutta la strada come raramente mi capita di fare, un clacson mi svegliava proprio davanti alla splendida Pieve.

Avete mai visto quanto è bella? Dentro non ci sono mai stato, ma da fuori è magica.

Ammirando la Pieve mi facevo a destra e alzando il braccio chiedevo scusa, una Mercedes mi superava e l’autista mi rispondeva con il braccio chiedendomi scusa lui.

Arrivavo alla Chiesa senza poca fatica, scendevo, andavo al piccolo negozietto sotto casa a prendere delle uova fresche, due chiacchiere veloci a distanza di sicurezza, e rientrato andavo in doccia.

 

Rilassato e pulito mi mettevo di nuovo in quella prigione dorata dove il buon senso ci obbliga a stare, casa, a guardare la Pieve dall’alto e a pensare a quel signore sulla Mercedes che mi chiedeva scusa per aver suonato.

Ma sta a vedere che sta quarantena ci  sta veramente cambiando.

O forse era solo anche lui un ciclista?

 

 

Foto di Enrico Pasini

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