La settimana prima, nel tentativo fallito di fare il giro più lungo, anzi quello medio, il sole faceva capolino su tutto l’Appennino e il primo freddo dell’inverno aveva pulito la pianura fino alle Alpi mostrandole dalle cime delle colline bolognesi, con anche i Colli Euganei, belli come seni di donna, ben visibili davanti ad Oliveto.

A Bazzano invece, in questo tentativo riuscito, alle 7:30 del sabato successivo, la nebbia avvolge tutto ed è talmente fitta che anche la Rocca fa fatica a mostrarsi. Il freddo è pungente e comincio a pedalare immaginando di essere in Belgio durante una classica in primavera, nelle Fiandre o nelle Ardenne.

Dalla piazza alla Rocca voluta da Matilde di Canossa, fatta crescere dai Bentivoglio e prigione di Ugo Foscolo. Le passo affianco, affascinato dall’aspetto tetro che la nebbia le fornisce, proseguo oltre il cimitero e verso MonteBudello.

È questo il primo muro di giornata, il Muro della Rocca, un chilometro facile, con solo i primi 300 metri che si impennano verso il cielo ma con pendenze comunque gentili non superiori al 7%.

Discesa breve verso Formica e a destra lungo la bella e comoda pista ciclabile mi dirigo verso Monteveglio e poi verso via Mozzeghine passando accanto e dietro la Beghelli.  Prendo così il secondo muro di giornata, il primo vero, il Muro di Via Rimondello.

Un chilometro tondo all’insù, che parte tra i casolari con la strada a serpentina, e finisce tra belle villette dopo un drittone al 16% contornato da cipressi che ricordano molto una strada del Chianti.

E cosa ha la Valsamoggia da invidiare al Chianti?

Da qui inizia il primo tratto in successione di muri, quello che chiamo il brevetto di Oliveto, cioè tutte le salite che portano allo splendido antico Borgo medievale.

Finita via Rimondello non si scende e si continua a salire. Pochi metri di riposo e poi ecco il terzo muro, il Muro della Cà Bianca, neanche 300 metri dritti e costanti 11% che portano da Via SanSavino verso Oliveto, con un piccolo tratto di crinale che apre alla valle e a tutti gli Appennini.

Non si arriva a Oliveto ma si scende a Crespellano da Via Puglie e poi da via Belvedere.

Crespellano, il secondo grande centro toccato dal giro lo lambisco solo perché salgo subito da San Savino, il quarto muro. Non è un vero muro, ma rimane una splendida salita, una delle più belle della zona, una salita che attraversa campi e casolari. Poco meno di quattro chilometri al tre per cento divisa in tre tratti, due dei quali più impegnativi, il primo, all’inizio, di 700 metri al 5%, il secondo di 400 metri al 7%.

Arrivato all’incrocio di via Rimondello la ridiscendo e riposo le gambe facendole mulinare agile in via dei Fornelli fino a Stiore da dove parte dove il quinto muro, il durissimo Muro della Saracca.

850 metri 11% che portano nel borgo medievale di Oliveto famoso anche per la festa primaverile la Festa della Saracca. Ottocento metri di puro, potente e concentrato sforzo.

Entro nel borgo, ammiro la grande casa dell’Ebreo, la torre medievale e la sua chiesa, Oliveto è una perla con un unico neo, le troppe automobili parcheggiate affianco ai suoi monumenti.

Scendo da Via San Savino facendo attenzione all’asfalto rovinato e torno a Crespellano, manca l’ultima salita per tornare ad Oliveto e la divido in due muri.

Il sesto muro e il Muro di Via Belvedere, 400 metri a quasi il 13% che arriva nella corte del Chiostro di Santamaria di Pragatto e della Chiesina di SantaMaria nascente. Prendo via Puglie e risalgo verso Oliveto.

È via Puglie il settimo muro, il Muro delle Puglie, un chilometro e mezzo dopo la villa che sale al 5%, pendenza ingannevole perché l’ultimo tratto è tutto dritto al 10%.

Finisce con la discesa della Saracca verso Stiore il brevetto di Oliveto, tutte le salite che portano all’antico Borgo mi hanno fatto scalare già 7 muri pedalando per 32 km e facendo quasi 700 metri di dislivello.

Da Stiore pedalo verso Fagnano, pedalo agile, riposandomi, mangiando una barretta e bevendo un po’ d’acqua.

Non sono neanche a metà, tra poco si ricomincerà a salire.

Ottavo muro, Zappolino mi aspetta.

 

 

Alla prossima puntata…..

 

Testo e foto di Enrico Pasini

 

 

 

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