Agricoltura in collina e montagna – 2

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Ho letto di un programma regionale di investimenti nell’agricoltura di montagna. In linea di massima sarei favorevole a detta iniziativa se però…. Se però si impiegano tutti quegli strumenti conoscitivi che lo studio e la scienza mette a nostra disposizione oggi. Le osservazioni che seguono sono il frutto di un dialogo avuto con alcuni frutticoltori delle colline sopra Bologna.

Il principale ostacolo che questi operatori agrari si trovano ad affrontare è la Crisi Climatica. Frutteti messi a dimora anni fa, sono oggi in crisi causa l’impossibilità di una razionale irrigazione. Ascoltando questo argomento, mi è ritornato in mente un incontro fatto in Sardegna almeno più di 20 anni fa. Con moglie e figlia stavamo andando ad Olbia per imbarcarci, fine Agosto, ma, essendo in forte anticipo preferimmo sostare nei pressi di uno spiazzo con cancellata ove oltre si vedeva un’ampia distesa di vigneti. Poco dopo sopraggiunse un signore anziano, il proprietario dei vigneti. Ci mettemmo a parlare e questa gentilissima persona ci fece entrare nella sua proprietà. Orgoglioso dei propri vigneti, mi delucidò le caratteristiche della coltivazione. Mi mostrò che alla fine dei declivi, era una zona collinare, aveva un invaso per trattenere le acque. Inoltre aveva inserito dei condotti in ogni pianta, o gruppo di viti, che raggiungevano l’apparato radicale sotto il controllo di un sistema che monitorava lo stato idrico del suolo in profondità. Quando un certo numero di piante si trovava in carenza idrica, apposite pompe prelevavano l’acqua dall’invaso e la fornivano SOLO alle piante bisognose. Mi disse anche che le sue uve erano le migliori del circondario, maturavano prima e producevano di più e, quindi, ne aveva un beneficio economico. Certo l’investimento era stato notevole, ma questa è una vera agricoltura di avanguardia. Prima di accomiatarci ci donò alcuni grappoli di uva da tavola dell’unico filare destinato a questa produzione, un’uva squisita.

Ritorniamo nel nostro Appennino. Certo, come detto, l’iniziativa del finanziamento ad agricoltori è positivo, è comunque necessario, a mio modo di vedere, che questa operazione sia supportata da appositi studi di carattere geologico, pedologico, di esposizione geografica, di tipi di coltivazioni compatibili con quanto detto sopra e, in vari casi, costruire appositi invasi atti a fornire acqua alle coltivazioni con sistemi  che evitino lo sperpero idrico ma che siano funzionali solo a quelle piante o coltivazioni che ne avessero bisogno. Tutto ciò dovrà essere impiegato per contrastare la Crisi Climatica in atto che, mi sembra, un argomento di scarsa attenzione negli uffici decisionali. Affidarsi a Studi Universitari, a Climatologi per fare investimenti che apportino benefici nel tempo mi sembra estremamente doveroso, specialmente quando si impiega danaro pubblico. Diversamente, come scrisse Umberto Eco, sperperare pubblico danaro ma facendolo a norma delle leggi non si corre alcun rischio. Ma, comunque, lo sperpero di tale danaro potrà apportare vantaggi elettorali, ma denota, certamente, una pessima gestione della cosa pubblica. Chiudo questa cicalata agricola ricordando che l’Italia importa annualmente oltre 50.000 tonnellate, avete letto bene, cinquantamila tonnellate, fra castagne e marroni da paesi esteri, Cina compresa. Se poi guardate sulle confezioni di noci potete scoprire che detti frutti li importiamo da : Cile, USA, Australia ed altri paesi. Non vorrei passare per nazionalista autarchico, ma, visto che abbiamo diversi milioni di ettari di terreni coltivi abbandonati, oltre a boschi ed altro, non sarebbe il caso, di facilitare l’impianto di castagni e noci ? Tra l’altro si contrasterebbe il dissesto idrogeologico, si darebbe lavoro e utili a chi abita in aree marginali e, non ultimo, anche occupazione a migranti desiderosi di lavorare con notevole vantaggio economico per le casse dello Stato.

Tutto ciò dovrebbe spingere in ALTO LOCO a promuovere vere e pratiche politiche di rilancio dell’attività agricola in montagna ed in aree marginali. “Che Dio ce la mandi buona” dicevano i nostri contadini nei dintorni di Bologna

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