E’ stato detto da varie fonti, penso attendibili, che tutti gli impianti a fune da costruirsi in Appennino fra il Corno alle Scale, Doganaccia, Monte Cimone, Abetone ed altri luoghi sul crinale, siano finalizzati ad ospitare le successive Olimpiadi Invernali post Cortina o dopo il quinquennio successivo. Dopo questo inverno giudicato, anche con articoli sulla stampa, veramente strepitoso sia per manto nevoso naturale e sia per frequentazione turistica, è apparso il numero di 100.000 turisti che si sono precipitati sulle dorsali appenniniche al fine, principale, di sciare. Avendo casa in quel di Pianaccio, quasi ai piedi della parete est del Corno alle Scale, ho assistito alla poderosa nevicata del 21-22 Gennaio 2023, l’unica degna di nota dell’intero inverno, di cm 50-70 a seconda dei siti e del vento. Prima di tale data vi era un calduccio più da mesi di avanzata primavera che da inverno. Sono intervenuti vari rappresentanti istituzionali per esaltare tale avvenimento e garantendo una continuità sciistica sino a Pasqua. In tutto 80 giorni, pari ad 11 settimane, roba da Guinness dei primati. Finalmente, come ha scritto qualcuno, i soliti menagramo dei Climatologi, dei dipartimenti universitari, dei centri di ricerca ed altri impresentabili soggetti, sono stati sconfessati. Dinnanzi agli operatori turistici della montagna si apriva un periodo di vacche grasse da scrivere nel calendario. Da frequentatore della zona sin dalla più tenera infanzia, qualcosa non mi quadrava. Da ragazzino, fine anni 40, anni 50 del secolo scorso, ero abituato a vedere metri e metri di neve sin dai primi di Novembre mica solo al Corno o a Pianaccio, anche a Bologna. Mi ricordo che in alcuni anni, parlo del decennio 1950, si metteva in funzione la funivia di San Luca per portare in quota gli sciatori che scendevano lungo prati coperti da una coltre nevosa piuttosto cospicua. Erano i mesi di fine Dicembre, Gennaio e Febbraio. A 11 anni, 1952, mio padre mi comprò a Lizzano un paio di sci che utilizzavo, oltre che in montagna, anche sui colli bolognesi assieme a vari amici. Come ho anticipato, di tutto questo entusiasmo, qualcosa non mi quadrava. Possibile, mi sono chiesto, che con cm 50 di neve a fine Gennaio, si pianifichi di ospitare delle Olimpiadi invernali. Di conseguenza sono andato a documentarmi a livello scientifico. Uno studio dell’Università di Padova assieme a quella di Bologna sulle Alpi, utilizzando piante tipiche dell’alta montagna, tra le quote 2100 e 2500 ha scoperto che negli ultimi 600 anni (seicento anni) le coperture nivali sono rimaste, nel tempo, statisticamente costanti, solo negli ultimi 60 anni si è avuta una progressiva riduzione di 36 giorni pari a circa 15 ore per anno. Facendo alcune considerazioni ed estrapolazioni matematiche legate alla differenza di quota, di orografia ed altro, sono arrivato alla conclusione che la contrazione nel comprensorio del Corno alle Scale, possa essere valutata nell’ordine dei 56-58 giorni nello spazio dei 60 anni considerati. Circa un giorno per anno, con la conseguenza che l’utilizzo degli impianti di risalita, fattibile nello spazio di 140-150 giorni, si è contratto, statisticamente, a circa 85-95 giorni. Cosa significa “statisticamente” ? Significa che se consideriamo un tempo sufficientemente ampio, 10-15 anni, otteniamo una curva in costante discesa avente quale termine, nel senso temporale, di tali valori ovvero 85-95 giorni di innevamento. Per esemplificare, si possono avere alcuni anni con 120-130 giorni di innevamento, ma altri sistematicamente al di sotto di tali valori e tendenti ai famosi 85-95 giorni. Se consideriamo la costante diminuzione di 1 giorno per anno e lo rapportiamo al tempo di ammortamento di un impianto a fune di 20 anni, scopriamo che al termine di tale investimento, il tempo di innevamento si è contratto sino a 65 giorni, praticamente due mesi. Inoltre ciò che è in forte riduzione è anche lo spessore nivale accompagnato da un sistematico rialzo delle temperature invernali. Vi è un ulteriore elemento da prendere in considerazione : le condizioni meteo . Quest’anno, su 11 settimane di innevamento, anche artificiale, ben 5 sono state flagellate da pessime condizioni meteo anche con pioggia. In conclusione circa il 45% del tempo fruibile per l’attività sciatoria non è stato possibile utilizzarlo. Se trasferiamo tale dato ai valori di innevamento che si avranno fra 20 anni, ovvero 65-70 giorni vorrà dire che su 9-10 settimane ce ne saranno 4 con tempo pessimo se non con pioggia. Non so quanto possa essere sensato investire decine e decine di milioni di pubblico danaro dinnanzi ad una simile prospettiva di una attività in sensibile contrazione e piuttosto aleatoria nelle possibilità di utilizzo. Non è casuale il sistematico annullamento e/o posticipo di competizioni o manifestazioni sciatorie. Organizzare una competizione a livello olimpionico e trovarsi dinnanzi ad una settimana di mal tempo con pioggia battente, non credo dia quei risultati di immagine che si erano prefissati. E’ vero che, ormai, il mondo politico-amministrativo italiano ha quale finalità dei propri interessi, i grandi appalti con sperpero di pubblico danaro spesso tolto a istruzione, sanità, servizi sociali, infrastrutture ed altro di socialmente utile . Mala tempora currunt . Resta però un problema di fondo : quelle popolazioni che credono, si illudono che il loro futuro sia legato solo allo sci ed agli impianti a fune, sarebbe auspicabile, dinnanzi al costante collasso della propria situazione socio-economica, che iniziassero a considerare altre attività complementari e poi sostitutive di tale attività avente ben scarse possibilità di miglioramento se non di modesto mantenimento. So che è difficile cambiare l’ottica di chi, da parecchi decenni, si è abituato ad un sistema. Si potrebbe dire che è come avere a che fare con un alcolizzato la cui unica attrattiva è data da ciò che contiene alcool e non si pone il problema che rischia, in poco tempo, di trovarsi al capolinea per una fulminante cirrosi epatica