SEMPRE SU FREDDO E NEVE
Rivolgo qui un’ulteriore domanda al sig. Edoardo Ferrara meteorologo inerente a freddo e neve. Innanzitutto preciso che ho un passato di oltre 60 anni di attività speleologica di cui una buona quarantina qualeesploratore. Questo non per creare meriti o vanti ma per chiarire bene che parlo per un’esperienza vissutae per lungo tempo. Una delle zone delle nostre ricerche, parlo del Gruppo Speleologico Bolognese, erano,e lo sono tutt’ora, le Alpi Apuane. Per agevolare le ricerche di entrate alte di sistemi carsici, grotte, eraabituale recarsi, primi anni 60, su detto sistema montuoso in pieno inverno quando questi era ricoperto daun manto nevoso e con temperature notevolmente sotto lo 0 . La ragione è presto detta, in grotta latemperatura era di 5 o 6 gradi sopra lo 0 e, quindi, se vi fosse stata un’uscita alta questa avrebbefunzionato da camino, ovvero l’aria calda in uscita avrebbe formato una piccola nuvola, tipo quando sirespira al freddo, e avrebbe sciolto una parte della neve. Spesso queste entrate alte erano mascherate da sassi, da detriti di falda o da vegetazione.
Una attenta ricerca in giornate serene e molto fredde hanno, infatti, permesso di individuare queste entrate alte e completare, spesso, il rilievo e lo studio di tali sistemi carsici spesso aventi sviluppi pluri chilometrici e notevole profondità. Ricordo qui che molte delle acque per usi civili ed industriali provengono, nelle zone carsiche e le Alpi Apuane lo sono, da grotte. Mi ricordo che i periodi di freddo intenso e di presenza di neve erano abituali nell’inverno. La cosa si ripeteva anche qui, nei gessi bolognesi, zone interessate da un particolare carsismo con grotte aventi sviluppi di alcuni chilometri e con un patrimonio archeologico di notevole interesse. La copertura nivale aggiunta, appunto,
a temperature esterne sotto lo 0 e con temperature interne superiori a 10 gradi, evidenziavano la presenza di entrate nascoste per il fenomeno dei camini già spiegato. Da decenni detto fenomeno non avviene quasi più né in Apuane né, tanto meno, sulle colline bolognesi. Ho una pubblicazione di un fotografo bolognese, Breveglieri, che mostra la città di Bologna con le strade innevate e con cumuli di neve di una certa altezza. Personalmente mi ricordo di essere andato, anni 50, a Casalecchio di Reno a piedi, partendo dal centro di Bologna, perché i servizi pubblici non funzionavano a causa del notevole spessore della neve caduta. In compenso funzionava la funivia di San Luca che portava in cima al Colle della Guardia gli sciatori che poi scendevano lungo i campi. Adesso detto “Servizio neve”, funivia di San Luca compresa, non ha molta ragione di essere, anche se certe previsioni meteo parlano di “Poderose nevicate in Val Padana” . Penso che questo calo di nevosità bolognese vada a braccetto con quello delle cime appenniniche anche se il periodo di innevamento in alta quota non è diminuito. Ma come ho scritto, un conto è avere cm 20 o 30 di manto nevoso, un conto è averne alcuni metri come negli anni 60 quando i
gatti delle nevi dovevano togliere la neve sotto le funi delle sciovie per rendere agibile il trasporto degli sciatori. Attendo spiegazioni scientifiche da uno esperto come Edoardo Ferrara.