BOLOGNA – Mobike: una bicicletta in più in strada e un’automobile in meno

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E questo non può che farci bene

di Enrico Pasini

Una giornata stressante a lavorare e un appuntamento in pieno centro alle 17. Poco tempo e un’unica soluzione per arrivare in tempo, L’auto. Altro stress che si somma allo stress, il traffico dello stradone, la fila sui viali e il parcheggio sempre difficile da trovare, sempre così costoso.

Ma quelle bici arancioni, le MoBike, che in molti prendono e che si possono lasciare dove si vuole mi attirano da un po’ e allora perché non provarle ed evitare almeno i viali in orario di punta e la ricerca nevrotica di un parcheggio?

Installo l’App sul cellulare, gli carico 5 euro dalla carta di credito e mi avvio verso Bologna.

Esco qualche minuto prima dal lavoro, lo stradone verso la città è ancora affrontabile, c’è ancora luce ma il sole è già sceso dietro l’Appennino.

Arrivo in Certosa e parcheggio la macchina. Approfitto di questa incongruenza italica, Il parcheggio del cimitero gratis, mentre quello dell’Ospedale a quasi due euro l’ora. Se stai male paghi, se devi andare a trovare chi sta peggio paghi, ma dopo, alla fine delle cure non andate a buon fine, è tutto gratis. Tanto hai già pagato prima.

Il prato tra i viali e la Certosa è di un verde fuori stagione. Questi autunni caldi regalano colori da quasi primavera e le foglie cadute rendono un quadro questo scorcio di città.

Scendo dall’auto e parcheggiata tra le foglie morte, sull’erba verde, c’è una bicicletta.

La sblocco, grazie all’App, sistemo il sellino e parto. Ha tre marce, la prima è molto tenera e basta una leggera discesa per pedalare alla Froome, la terza è molto dura e basta un drittone piano per spingere come Dumolin, mentre la seconda è perfetta e per me ciclista amatore è quasi inutile.

Tutto sommato non si pedala male, con una manopola si cambia, con l’altra si suona il campanello, le luci sempre accese come vuole Guido Meda e il cestino è perfetto per appoggiarci dentro lo zainetto e non far sudare la schiena.

Dalla Certosa fino all’incrocio con Via Vittorio Veneto prendo la ciclabile, svolto in via Montello e poi di nuovo in Vittorio Veneto. Passo il mercato Rionale sempre invitante per ogni tipo di spesa e arrivo all’incrocio con via Saffi. Attraverso una delle vie più spettacolari di Bologna fuori centro e riprendo la pista ciclabile fino in via Zanardi, poi in Bovicampeggi e attraversando i viali entro in via Boldrini sempre e solo rimanendo nella pista ciclabile.

Arrivo in via Indipendenza in poco più di venti minuti, blocco la bici, mi arriva subito il costo, trenta centesimi, ripongo il cellulare nella tasca della giacca e mi infilo tra la gente sotto i portici.

Una bella serata ad ascoltare un grande scrittore bolognese raccontarsi e una cena tra amici in un’osteria dei tanti vicoli magici che solo Bologna sa rendere e mi riavvio, in una nottata stellata tra giovedì e venerdì, verso la Stazione.

Dove l’avevo lasciata all’andata ora ci sono altre tre bici, ne sblocco una e mi dirigo verso la Certosa.

Arrivo alla fine di via Boldrini e invece che attraversare e andare in Bovi Campeggi, prendo la tangenziale della bicicletta in mezzo ai viali.

È una delle prime sere fredde della stagione, si vedono le stelle ma anche quella nebbiolina che la pianura concede ogni sera autunnale. Bologna è deserta, zero automobili ai semafori che attraverso civilmente con il verde e non si vedono neanche senza tetto, ormai tutti al caldo nel sottopassaggio della stazione.

Pedalo solo tra gli alberi dei viali, mi sento molto “Jack Frusciante è uscito dal gruppo”, quando più di venti anni prima, nel film, faceva lo stesso tragitto sul sentierino formato da chi, senza asfalto, usava l’erba dello spartitraffico come tangenziale in bicicletta.

Pedalo senza guanti, in tranquillità mi godo l’inusuale silenzio della mia città e arrivo in Certosa nello stesso tempo dell’andata. Lascio la bici dove l’avevo trovata, davanti alla mia auto e torno verso casa.

Con una spesa di sessanta centesimi e poca benzina, grazie ad una bici ed ad bella iniziativa, ho trascorso tutto il pomeriggio e buona parte della serata in pieno centro, in relax e tranquillità, rimanendo in movimento e risparmiando svariati euro di parcheggio.

E per quanto la civiltà delle persone deve essere ricostruita, cercando di capire che anche in bicicletta bisogna, obbligatoriamente, seguire le regole, sicuramente una bicicletta in più in strada e un’automobile in meno, può solo farci bene.

Mi chiedo quanto potrebbe essere utile anche in periferia avere nei Comuni le Mobike e spostarsi al lavoro con queste biciclette, senza dover stare fermi in fila su stradoni e stradine.

Quanto potrebbe aiutare a rendere l’aria migliore e il traffico più affrontabile, me lo chiedo con sincerità e curiosità, senza malizia, sapendo altresì, che in Italia, si fondono i Comuni, si eliminano, per finta, le Province, si uniscono in malo modo i corpi di polizia, ma di unire le idee, non ce n’ è ancora traccia.

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