APPENNINO DA SCOPRIRE: Il Villino del Conte

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È risaputo, ormai, che il nome Cesare Mattei o Conte Mattei sia conosciuto in tutto l’Appennino e anche oltre, così come le sue terapie curative fondate sull’elettromeopatia.

Dal giorno della sua riapertura, inoltre, la Rocchetta Mattei è meta di centinaia di turisti o abitanti del territorio che visitano per la prima volta o ritornano a quella che fu l’ultima dimora di una personalità indubbiamente bizzarra, ma altrettanto geniale.

Cesare Mattei non era solamente un brillante uomo d scienza, ma un artista dell’immagine e dell’estetismo; soltanto una mente come la sua avrebbe potuto creare quell’intreccio di stili e la minuziosità dei dettagli storici e provenienti da diversi luoghi del mondo, che adornano il castello fantastico situato a Riola di Vergato.

Un posto che ancora trasuda magia, comunicando fascino e curiosità a chiunque vi entri: lo sguardo non sa dove poggiarsi, mentre la fantasia spazia all’infinito, tra epoche e storie.

 

 

Forse, però, non tutti sanno che il Conte Mattei disponeva anche di un villino (chiamarlo così è tuttavia riduttivo) costruito poco lontano dal castello. Un Villino ormai dimenticato e sfortunatamente lasciato all’incuria del tempo che scorre e delle avverse condizioni metereologiche.

Un villino che, forse incanta ancora di più della Rocchetta, poiché il silenzio domina, una volta varcata la soglia, trovandosi davanti a qualcosa che le parole faticano a descrivere.

 

 

La storia narra che il villino fosse a disposizione dei clienti più facoltosi del Mattei, che soggiornavano nelle numerose stanze, mentre usufruivano delle terapie loro prescritte.

Arredi che ricordano ovviamente quelli della Rocchetta, comunicando lo stesso gusto per la ricerca della bellezza, la stessa possanza ed un velo di mistero che ogni stanza ancora trasuda.

 

 

Esplorare il villino del Conte è una continua sorpresa: gli oggetti collocati sui tavoli, i soprammobili, le tende che scuotono al cospetto di una leggera brezza, che alita vita sui luoghi. Ogni cosa sembra suggerire gli echi di presenze che ancora aleggiano per le stanze, mentre il rispetto del visitatore nei confronti di un’opera d’arte architettonica così unica è totale.

Persino gli odori suggeriscono il passato che fu e lo stupore si sofferma sui dettagli delle mattonelle delle pareti o delle piastrelle antiche dei pavimenti, mentre il cammino prosegue ammirando la piscina e l’ampio giardino, al cospetto del “forchettone” che svetta verso il cielo, simbolo del nobile e pionieristico medico.

Il villino del Conte è un’esperienza che avvolge e lascia una calda sensazione di accoglienza e di bene, nel cuore di chi ha la fortuna di sperimentarla. È una meta in bilico fra realtà e immaginazione, tra statue che paiono ammiccare simpaticamente e un concerto di colori e simboli apparentemente stonato, ma ricco di costante armonia se guardato con la giusta attenzione e sensibilità.

 

 

Intorno a questa breccia nel tempo e nei segreti, le colline e la natura si ergono, come a protezione di un frammento di storia nostrana più discreta della Rocchetta, ma non per questo meno importante e ugualmente pregna delle radici e delle tradizioni di questi luoghi.

 

 

E mentre ci si allontana arricchiti da questa nuova esperienza, ecco che la mente corre inevitabilmente a chiedersi se quella galleria sotterranea che collegava il villino con la Rocchetta, costruita per fuggire in caso di pericoli, esista veramente o se sia soltanto un’altra bellissima leggenda dell’Appennino da scoprire.

 

 

foto di  Fabrizio  Carollo

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