APPENNINO DA SCOPRIRE: I rifugi di Campo Tizzoro

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Per l’ultima nostra avventura in Appennino, alla ricerca di luoghi suggestivi e interessanti da scoprire, il viaggio è un po’ più lungo, questa volta.

Ci spingiamo infatti oltre i confini della regione, entrando in quella parte di Toscana forse meno turistica, ma non per questo meno suggestiva e probabilmente con molte più storie da raccontare. Storie che toccano in profondità le tradizioni, i mestieri ed i ricordi di questo territorio. Storie di un paese, Campo Tizzoro, che affonda la sua importanza nelle radici dell’Impero Romano, con la Congiura di Catilina; storie intrise di quella paura che serpeggiava durante il secondo conflitto mondiale.

 

 

Dopo aver percorso la strada tortuosa, ma non difficoltosa, e aver apprezzato la bellezza del panorama sfaccettato che si mostra agli occhi curiosi, fatto di colline incontaminate, corsi d’acqua potenti e abitazioni che ancora aleggiano del respiro di un importante passato, ecco che la meta sopraggiunge e quasi subito ci si può trovare al cospetto di uno degli imponenti ingressi, a forma di cuspide, dei rifugi antiaerei costruiti verso la fine degli anni trenta grazie all’operosità della Società Metallurgica Italiana (S.M.I.), importantissimo polo strategico dei tempi, finalizzato alla produzione di munizioni, ma anche una delle maggiori industrie italiane ad occuparsi della lavorazione di laminati in ottone, bronzo ed alluminio.

Una volta raggiunto l’ingresso pubblico per la visita ai rifugi protagonisti della nostra storia, le guide competenti e cordiali accolgono il gruppo di visitatori e, dopo qualche necessario cenno storico, ci si addentra immediatamente nella profondità della terra, percorrendo, non senza le dovute attenzioni, la scala elicoidale discesa dalla stessa popolazione del paese durante i numerosi bombardamenti avvenuti decenni addietro.

 

 

Di fronte allo spettacolo di quel sistema di gallerie parzialmente ripristinato, gli occhi non possono fare a meno di coglierne il fascino, sia architettonico che emotivo, ripercorrendo il passato e immaginando i boati sordi delle bombe che si infrangevano all’esterno, mentre la gente si raccoglieva preoccupata nei lunghi corridoi, aspettando la fine delle ostilità e chiedendosi quando fosse il momento più sicuro per tornare a vedere il cielo limpido.

Mentre l’eco dei passi rimbomba nelle pareti consunte delle gallerie simili tra loro, il senso che si prova è certamente quello di protezione, ma anche una piccola ombra di claustrofobia non può che salire inevitabilmente ad attanagliare il respiro. Soltanto un attimo, ma sufficiente a ricordare il motivo della costruzione di tale complessa e ragionata rete di gallerie, che non mancavano di offrire spazi per dormire, ambulatori medici, servizi igienici e persino una cappella nella quale poter trovare il conforto della fede.

Il tutto si guarda con profondo rispetto, contenti di non aver dovuto vivere un periodo tra i più neri della storia italiana e del mondo intero, ma consci di dover coltivare la memoria che, anche questi ricordi offrono, al fine di non dover mai ripetere eventi simili.

 

 

Il percorso è lungo ed estremamente interessante, illuminato da luci spettrali che aumentano ancora di più l’atmosfera, ricreandola perfettamente. Viene spiegato come nulla fosse lasciato al caso, in situazione d’emergenza: la procedura di bonifica dell’aria, in caso di attacco con i gas, la chiusura stagna dei pozzi e il sistema autonomo di illuminazione. Un gioiello di architettura industriale che andava a braccetto con la reputazione della S.M.I.

Rimangono a testimonianza dei visitatori, anche le munizioni e le bombe inesplose e opportunamente disinnescate, ma ancora estremamente inquietanti a vedersi, nella loro forma e gli scopi distruttivi per le quali erano prodotte. Estremamente interessante anche la visita al museo S.M.I., nel quale sono raccolti i macchinari di produzione e controllo qualità e ritagli di giornale dell’epoca che sottolineano l’importanza dell’attività dell’ex stabilimento.

 

 

Questa tappa dell’Appennino da scoprire è forse la più importante di tutte quelle viste finora. Importante perché rappresenta una pagina fondamentale della qualità industriale di questi luoghi (la S.M.I. rimase in attività fino ai primi anni duemila, a conferma delle mie parole). Una tappa importante per i percorsi della memoria, come già accennato.

Una tappa importante per un passato ancora troppo recente, che giunge fino alle nuove generazioni: una lezione di storia che, sfortunatamente, il mondo non pare aver appreso come avrebbe dovuto, a giudicare da quello che stiamo osservando, non troppo distanti dalla nostra relativa tranquillità.

 

 

La visita del paese di Campo Tizzoro e dei rifugi antiaerei che ne percorrono le fondamenta, credo sia essenziale per ampliare la propria cultura storica personale ed entrare ancora di più nella linfa vitale che scorre in questa parte di Appennino, stavolta pistoiese. Un luogo che, ancora oggi, comunica fascino, per un piccolo centro immerso nella natura dei luoghi, che oggi suggerisce anche relax e può essere tranquillamente l’obiettivo di una piacevole gita domenicale, tra l’accoglienza dei gustosi sapori toscani e lo spirito di comunità ancora ben saldo.

 

Anche per quest’anno i miei viaggi terminano qui, non senza una punta di malinconia, ma orgoglioso nella certezza di aver dato spunti per viaggi insoliti e sicuramente interessanti, nei quali ognuno può provare sensazioni differenti e altrettanto intense, a seconda del proprio vissuto e delle proprie passioni. Come al solito, la speranza è quella di ritrovarci il prossimo anno, con nuove e altrettanto affascinanti mete di un Appennino ancora ricco di segreti, di storie e percorsi da scoprire e condividere, siano essi costruiti dall’uomo o offerti da Madre Natura.

Buon cammino a tutti.

 

foto di Fabrizio Carollo

 

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