EMIL BANCA : Il “contemporaneo” di Andrea Emiliani

Lo sguardo dello storico sui turbamenti dell’arte contemporanea

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Il  contributo profuso da Andrea Emiliani nel corso della sua attività di Soprintendente è decisamente noto: ha permesso di definire un originale e operativo concetto di “bene culturale” ispirato al precetto di “conoscere per governare” che è stato alla base della nascita dell’Istituto dei Beni artistici, culturali e naturali sorto nella Regione Emilia-Romagna nel 1974; raffinato studioso del Cinquecento e Seicento bolognese e urbinate, ha realizzato esposizioni fondamentali per la comprensione della “scuola bolognese” e dei suoi rapporti con la cultura italiana ed europea; museologo prestigioso che ha dedicato pagine decisive sul ruolo “sociale” del museo, inteso come spazio dove conoscenza e coscienza civile si incontrano.

Interessi che non impediscono a Emiliani di volgere un’attenzione diffusa alle vicende dell’arte contemporanea, vedendolo interprete – insieme al “maestro” Francesco Arcangeli – della temperie creativa che a Bologna e in regione si è manifestata.

Basta osservare quella “auto-bibliografia” che, per quanto incompiuta, ha cercato di stilare nei suoi ultimi anni. A partire dal coinvolgimento, in qualità di commissario, assieme a Leone Pancaldi, alle edizioni del premio Morgan’s Paint, alla profonda analisi dell’opera di Vasco Bendini nel 1960, dalle presenze a varie edizioni del Premio Campigna di Santa Sofia, alla vicinanza mai dismessa sulla produzione plastica di Germano Sartelli e su quella grafica di Luciano De Vita.

Nella crisi ambigua dell’“ultimo naturalismo” arcangeliano emergono sottili tracciati che, attraverso le apparenze della figura e del paesaggio, dispiegano nuovi ordini possibili per l’arte visiva. Dai tentativi di generare nuove fusioni delle figure nello spazio di Pompilio Mandelli, all’indagine mai vittimistica delle relazioni tra decadimento, dissipazione e splendore che investono la decadenza del tempo, che viviamo di Mattia Moreni. Dalle stratificazioni e alle dissolvenze della forma che animano il “flusso di coscienza” di Sergio Romiti, ai palpiti della terra delle sfere e delle geometre modulate di Carlo Zauli, ai ritmi che, specie nella scultura, cerca di imporre alla materia Mario Nanni e ai tormenti della “forma del paesaggio” di Renato Bruscaglia, dove il “conoscibile naturalistico” si arricchisce di valori simbolici. Dall’indagine “geologica” sulla materialità della luce di Massimo Arrighi, all’immagine vissuta come metafora antropologica del conflitto tra individuo e mondo di Maurizio Bottarelli, alle tensioni visionarie, neobarocche, del “sentire” di Pietro Lenzini.

 

Andrea Emiliani, attraverso le nuove interrogazioni dell’arte contemporanea, il delinearsi di nuove procedure nella costruzione dell’immagine, la nascita di attitudini artistiche tra loro contrastanti, sembra riconoscere il carattere propositivo dei dubbi che affiorano negli sforzi di conferire alla bellezza un nuovo volto.

 

Bruno Bandini     Beatrice Buscaroli

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