BASKET: Al via la Coppa Italia 2018

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Non è una manifestazione qualunque, la Final Eight di Coppa Italia.
Certamente è una manifestazione particolare, unica nella formula e nel suo
essere altro rispetto al cammino in campionato. Una storia a sé. La spiega
così, Alessandro Ramagli, questa corsa al primo traguardo di stagione, a
cui arriva con una Virtus Segafredo tornata in Serie A da pochi mesi, ma
già capace di inserirsi tra le squadre che avranno diritto di giocarsi un
appuntamento importante. Una Virtus Segafredo ancora una volta maltrattata
dalla sorte, ma decisa a non pensarci troppo su. Non sarebbe il caso, in un
torneo che si risolve con partite secche, da dentro o fuori.

“Quando inizi una stagione ti dai sempre obiettivi, e quando li raggiungi
è una soddisfazione perché ci sei arrivato con le tue mani, senza che
nessuno ti abbia regalato niente. Non è semplice farlo. Poi mi sembra
abbastanza chiaro che il risultato più importante di queste due stagioni è
un ravvicinamento e un feeling molto stretto con il popolo virtussino.
Vedere che a Firenze conteremo, come mi dicono, duemila persone che ci
avranno seguiti per sostenerci, per festeggiarci al di là della
manifestazione in sé, ci dà il senso di quello che stiamo facendo e ci
riempie di soddisfazione. E’ chiaro che queste sono kermesse che giochi per
vincere, non per partecipare, però sapere che intorno c’è tutto questo
affetto è qualcosa che ti fa salire sul treno, perché è in treno che
andremo a Firenze, con le farfalle nello stomaco. Le emozioni che ci
accompagnano sono queste”.

Ne resterà una sola, è la regola. E si deciderà tutto in quattro serate ad
alta tensione.

“Conosciamo la formula, sappiamo che è spietata, crudele per certi versi,
ma è il bello delle partite in cui si vince o si esce, quelle per cui la
gente accende il canale dell’emozione. Ogni partita su quel campo
determinerà una squadra che va avanti e una che torna a casa, e alla fine
una vincitrice e una sconfitta. Forse è la miglior formula possibile se si
ragiona in termini di sport, perché lo sport è questo. Mi sento di dire che
le otto squadre che sono arrivate a questo appuntamento hanno già messo in
carniere una piccola vittoria: esserci, far parte di una manifestazione
così accattivante e importante a metà della stagione”.

A proposito di treno: un convoglio speciale porterà quasi cinquecento di
quei duemila tifosi a Firenze. Come era successo nel 1990, quando la Virtus
andò a vincere nella stessa città la Coppa delle Coppe. Evocativo.

“Nel 1990 io c’ero. Essendo un appassionato di pallacanestro, avendo una
finale di Coppa delle Coppe a ottanta chilometri da casa, ero a Firenze il
giorno della vittoria della Virtus di Ettore Messina. Me la ricordo bene,
quella partita. Questa è una società che ha una storia quasi centenaria
alle spalle, costellata da una serie di vittorie indimenticabili. Però
sappiamo anche che noi stiamo vivendo un anno di ripartenza, dobbiamo fare
un passo alla volta. Il fatto che in quell’occasione la sorte sia stata
amica non significa niente, la cosa importante è che insieme a quello che
ci porterà a Firenze si accompagni un altro treno, quello di domani
appunto, all’interno del quale viene raccolta la passione che c’è intorno
alla Virtus. Noi andiamo per fare il massimo, con un grande desiderio di
giocare e molto rispettosamente evitando di fare paragoni”.

Prima di Sassari, il gruppo era di nuovo al completo. Sembrava una boccata
d’aria fresca, invece siamo di nuovo a fare i conti con assenze importanti.

“E’ un dato di fatto, su cui non possiamo sindacare. L’unica certezza è
che nessuno potrà dire che giocheremo senza un giocatore marginale, perché
Pietro Aradori è molto importante per noi. E’ fuori, e senza colpe, ma noi
dobbiamo essere bravi a trasformare in opportunità le piccole sfighe che
colpiscono trasversalmente. Lo abbiamo fatto per tutta la stagione perché,
staccandoci dal pensiero di questa partita di Coppa Italia, abbiamo giocato
in campionato veramente pochissime partite al completo. Tante volte abbiamo
avuto un’assenza, talvolta anche due. Ancora una volta giocheremo in una
condizione di emergenza, ma visto che ci siamo abituati non ci fa nemmeno
tanto effetto. Chi va in campo cercherà stimoli, e si gioca sempre in
cinque, non è che se ti manca un giocatore importante ti fanno giocare in
quattro. Siccome siamo stati tante volte bravi a sopperire alle assenze,
sarà un’ulteriore occasione per cercare di cogliere le opportunità a cui le
difficoltà del momento ci mettono di fronte”.

C’è la Germani Brescia, ad aspettarvi. Nemmeno più una squadra
rivelazione, a questo punto della stagione.

“Ha cambiato poco, ha solo inserito il quinto straniero, Ben Ortner, un
altro giocatore di sistema, di equilibrio, di conoscenza cestistica. Quando
siamo approdati alle finali qualcuno ha detto che era un avversario ideale,
io dico che una squadra che arriva così in alto e fino a domenica scorsa
era al primo posto non è una comprimaria. La Germani è una delle “top four”
di questo campionato, ed è entrata in questa elìte con tutti i meriti del
mondo. Non ha usurpato nulla, quella posizione se l’è conquistata. Però,
quando si arriva a una competizione come questa  le posizioni della
classifica non contano più niente. C’è una partita, in quaranta minuti si
decide il passaggio del turno, e Brescia è una squadra veramente forte, con
grande equilibrio e grande conoscenza cestistica, ben strutturata in difesa
e con punti di riferimento precisi in attacco. Una squadra forte, niente da
dire: se non lo fosse stata, non sarebbe ancora tra le prime quattro del
campionato dopo diciannove giornate”.

Chi la vede come un avversario abbordabile probabilmente pensa
all’andamento altalenante degli ultimi tempi, e alla brutta botta rimediata
a Varese.

“Una botta così non conta niente. Come la nostra sconfitta a Sassari. Le
partite del Mandela Forum si disconnettono completamente dal campionato, ed
ha quasi poco senso anche guardare alle statistiche. Ci sono state mille
partite “vita o morte”, anche di livello internazionale, decise da perfetti
sconosciuti. Queste manifestazioni spesso si decidono sulle performances di
qualche giocatore che non è nemmeno costantemente agli onori delle
cronache. L’avevo detto anche prima di partire per Sassari, che la Coppa
Italia avrebbe spezzato completamente il ritmo, e che la pausa della
Nazionale lo spezzerà ancora di più: dal 4 marzo inizierà un altro
campionato, cortissimo, di undici partite. Ma la Final Eight è una storia a
sé stante”.

Una formula crudele, abbiamo detto. C’è una squadra più adatta ad
affrontarla?

“Il passo più adatto, in questo caso, è dato dalla lunghezza del roster.
Addirittura, c’è chi può permettersi  di mettere giocatori in tribuna e
schierarli alla partita successiva, e sono quasi sempre giocatori di pari
livello rispetto a chi va in campo. In questo tipo di gioco, è chiaro che
l’Olimpia Milano è la squadra più attrezzata. Non trascurerei Venezia e
Avellino, che hanno roster profondissimi. Ma nessuno ha la profondità di
quello di Milano. In questo senso, dovendo giocare tre partite in tre
giorni, penso che l’EA7 sia la squadra che ha gli strumenti per poter fare
potenzialmente il percorso più lungo e più vincente. Però non la chiamo
favorita, perché in queste competizioni i favoriti non esistono”.

Un anno fa, di questi tempi, la Virtus Segafredo era ancora in corsa verso
l’imbuto che portava una sola squadra alla promozione dalla Serie A2 alla
Serie A. Oggi si gioca la Final Eight di Coppa Italia. Sensazioni
particolari, su questo percorso?

“Non penso a niente di tutto questo. La Final Eight non ti porta a pensare
al cammino, è il campionato a farti ragionare del percorso fatto e di
quello che ti aspetta. La Coppa Italia è una botta e via, e come tale va
presa, pensata e vissuta. Altrimenti cominci a preparare delle
giustificazioni. Lì bisogna andare per fare un colpo, il primo giorno. E
poi vedere cosa succede. Io e i giocatori abbiamo questo in testa, oggi:
bisogna andare a fare un colpo. Più concentri le energie su questo, più
puoi cercare di farlo. Pensare a come è stato bello arrivare fin qui, agli
assenti o ai presenti, a quello che si è fatto in campionato, non serve.
Noi vogliamo andare a vincere, e per questo ci stiamo concentrando sui
prossimi quaranta minuti. Non c’è tempo di pensare. Le considerazioni le
lasciamo ai posteri, o al post, e allora nell’analisi  si potrà ragionare
di tutto, di questi diciotto mesi passati e di come li abbiamo
attraversati. A Firenze tutto questo non conta niente: bisogna andare a
battere Brescia”.

POSTEMOBILE FINAL EIGHT 2018

Quarti di finale

GERMANI BRESCIA-VIRTUS SEGAFREDO
Nelson Mandela Forum
venerdì 16 febbraio, ore 20.45
Diretta Tv su Rai Sport HD, Eurosport 2 e Eurosport Player
Diretta radio su Radio Bologna Uno (89.8 FM)

 

Marco Tarozzi

Uff. Stampa Virtus Segafredo Pallacanestro

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