Stufa a pellet
Letto sul numero de Le Scienze di Agosto :”Da tempo ormai l’industria dei combustibili fossili si sforza di rendere più verde la sua immagine. E negli Stati Uniti, come parte di questa strategia, esponenti delle compagnie petrolifere manipolano le direttive sui programmi scolastici e i libri di testo che riguardano clima e ambiente, dall’asilo fino alle superiori”. Da noi detti testi arrivano anche al mondo politico, viste certe dichiarazioni.
A proposito di aiuti alle aree montane, a quelle zone disagiate ecc ecc di cui si sente un gran parlare, però, quando si arriva al pratico, rimane molto fumo e niente arrosto. Sto parlando dell’impiego del pellet quale combustibile per zone di montagna e di aree non servite da altri combustibili. Il prezzo di un sacco da 15 Kg di tale combustibile (legno) è schizzato di botto dai 4 € a quasi 10 € . Certo, c’è la guerra in Ucraina che sembra l’unico produttore mondiale di pellet ed anche di banane, datteri ed ananas, sono aumentati anche quelli. E’ assai facile, per il mondo politico, organizzare convegni sul ripopolamento della montagna ecc ecc , ma quando si arriva a validi provvedimenti, zero assoluto. La tecnologia per la produzione del pellet è roba da infima industrializzazione, non necessitano né centrali a fusione nucleare né astronavi, basta disporre di legna e di un adatto macchinario. Il taglio del legname, NON DISBOSCAMENTO, può essere fatto dove e quando si vuole nell’intero asse Appenninico ed Alpino. Si otterrebbe pellet, se non di serie A, almeno di serie B o C, meglio questi che niente, ad un prezzo facilmente accessibile. In 5 (cinque) mesi cosa si è fatto ? NIENTE. E così le seconde case in montagna è meglio tenerle chiuse per tutto il periodo autunno-inverno-primavera piuttosto che spendere un intero stipendio ogni mese se si decidesse di trascorrere i fine settimana e alcune festività in zone montane. Ovvio che le economie di chi abita in tali luoghi avrebbero, oltre all’aumento delle spese di riscaldamento, anche una bella contrazione di entrate. Diciamo che è meglio e più facile organizzare convegni sul futuro della montagna che agire da accorti amministratori.
Altro argomento che occupa TV ed altri mezzi di informazione : la risalita dell’acqua marina, salata, lungo i corsi d’acqua in secca per la perdurante siccità. Si parla, ormai, di circa Km 30 . Detto fenomeno procura la salinizzazione dei terreni agrari con conseguente morte delle coltivazioni e impedimento, successivo, di qual si voglia attività agricola. Anche qui chiacchiere a non finire ma idee o programmi? 0 . La soluzione non è facile, bisogna convenirne, ma fin che non si attivano centri di ricerca Universitari e assimilati, si farà poca strada. Si badi che bisogna avere l’occhio lungo giacché la situazione di siccità si ripresenterà, stante la Crisi Climatica, anche in futuro. La soluzione più semplice, apparentemente, sarebbe quella di costruire sbarramenti trasversali verso le foci dei fiumi interessati di altezza adeguata, 5-10 metri, con innalzamento degli argini interessati dalla presenza di questi laghi e delle piene successive. Anche con l’interramento di questi specchi d’acqua, il livello del corso fluviale rimarrebbe superiore al livello marino. Vi sarebbe però un grave problema relativo alla fauna che risale e scende regolarmente lungo questi fiumi, oltre ad altre difficoltà che inutile elencare e che quindi richiedono interventi multidisciplinari da parte di persone preparate e competenti. Per ora siamo nel campo della meraviglia in alto loco e dei danni agli agricoltori.
Ciliegina sulla torta : è in corso uno scioglimento di nevai e ghiacciai da non credere. In vari casi vi sono proposte di costruire funivie e seggiovie, oltre ad altri impianti a fune, per portare la gente in cima ai monti evitando le pericolose attraversate di aree critiche. Diciamo che, ormai, è funzione di varie Regioni impiantare seggiovie o impianti a fune invece di spendere soldi nella Sanità o nell’Istruzione. Basta recarsi all’Ospedale Maggiore di Bologna e scoprire che un vicino ipermercato ha ampi parcheggi ed uno addirittura su due piani mentre chi deve recarsi in tale ospedale ha uno striminzito parcheggio all’ingresso e poi deve arrangiarsi infilando l’auto in aree prative, lungo strade e dove sia possibile nell’arco di molte centinaia di metri. Ricordo qui una mia disavventura di alcuni anni fa. Un parente, disabile, ha una frattura ad un ginocchio e viene ricoverato all’Ospedale Maggiore. Sono l’unico in famiglia, in quei momenti, a poter provvedere a questa persona. Benché uscito da una seria operazione chirurgica, mi reco in auto all’ospedale con a bordo tutti gli effetti del parente che successivamente sarà ospitato in apposita casa di ricovero a circa Km 30 da Bologna. L’auto, in un Giugno assolato e rovente, riesco a parcheggiarla in Via del Chiù, guardare sulla carta topografica dove si trovi, e stringendo i denti, mi reco a trovare il parente. Successivamente questa persona verrà trasportata a destinazione con me al seguito, in auto, dopo essere ritornato in Via del Chiù. In tanti anni nessuna amministrazione ha provveduto a creare o costruire un adeguato parcheggio per chi si reca in tale ospedale. Tengo a precisare che NON si va in un’Ospedale per solazzarsi, ma per estrema necessità, cosa che non è stata compresa. L’esempio dell’ipermercato non è stato ancora imitato