Un ponte tibetano sul Belvedere

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No, non mi sto occupando del fantomatico Mega Impianto Corno-Doganaccia-Abetone, ma più semplicemente di quelle divertenti ed adrenaliniche discese appesi ad un sistema di carrucole inserite in una fune di acciaio. L’ebbrezza di una discesa sospesi a decine se non a centinaia di metri dal suolo! Dove li hanno posizionate la gente fa file e prenotazioni con mesi di anticipo pur di assicurarsi un volo così emozionante. Anche qui nel Belvedere avremmo zone ove mettere almeno un paio di dette funi e far compiere discese ad almeno m 100 al di sopra del suolo e dei torrenti. Penso sarebbe una attrattiva di notevole richiamo. Ormai che siamo in tema di “impianti a fune” o assimilati, un’altra ghiotta meta per moltissime persone sono i celebri “Ponti Tibetani”. Sono quei sistemi di passaggio da un versante ad un altro con una fune ove posizionare i piedi e due superiori a destra e sinistra dove mettere le mani. Ovviamente la mia descrizione è solo sommaria, sono strutture ipersicure che però danno la sensazione di camminare sul vuoto a notevole altezza dal suolo. Vi sono, anche qui, alcuni punti del Belvedere ove un ponte di simile fattura farebbe da incredibile richiamo turistico. In un caso si avrebbe sotto i piedi un vuoto superiore a m 100 con un torrente, il Casilino, rumoreggiante e con spumeggianti acque ed alcune cascatelle. Pensate che in una località del Sud Italia ne hanno posizionato uno, paesaggisticamente ed adrenalinicamente neppure paragonabile a quello che si potrebbe mettere sul Casilino, ed hanno prenotazioni a sei mesi! Vi sono località turistiche che su questi due “impianti a fune” vivono e prosperano, hanno l’occhio lungo. Pensate che il Francia hanno montato, anni fa, la più lunga discesa su fune con carrucole. Non mi ricordo l’effettiva lunghezza, ma i progettisti dovettero risolvere problemi non indifferenti quali la catenaria con carico appeso. In termini terra a terra, quanto si incurvava la fune con la persona appesa. Inoltre calibrare la velocità di discesa in modo tale da superare l’effetto catenaria ma non per finire spiaccicati all’arrivo per l’eccessiva velocità, né tanto meno rimanere fermi nella parte più bassa della catenaria. Il primo collaudatore fu uno speleologo, uno abituato a rimanere ed operare nel vuoto. Il collaudo e le successive prove diedero risultati positivi ed oggi è una delle mete più ambite da folle di appassionati di emozioni estreme ma sicurissime. E noi Belvederiani? Bé possiamo sempre leggere di detti impianti, vederli per TV o in internet o farci raccontare da qualcuno che c’è stato. Non avremo i ritorni economici di quei posti, ma con un po’ di fantasia possiamo immaginarci di far cassa anche noi, con la fantasia, ovvio.

Ettore Scagliarini

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