Crisi climatica e Appennino

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Federico Grazzini, meteorologo d’Arpae si chiede se di fronte ad un riscaldamento globale il nostro Appennino possa essere immune . Il discorso investe in particolar modo il comparto sciistico di queste nostre zone per mesi senza innevamento naturale e con quello artificiale spesso disciolto da improvvisi arrivi di aria calda. Quindi ? Da una certa parte si chiedono massicci investimenti pubblici al fine di aumentare se non decuplicare i cannoni sparaneve. Non so se detto rimedio, piuttosto costoso, possa salvare le zone appenniniche da arrivi di venti sahariani con temperature estive anche in pieno inverno. Sino ad oggi nessuno, né a livello istituzionale e neppure a livello locale, si sia mai posto di iniziare una diversificazione del comparto turistico invernale. Sembra che, a parte lo sci, dal 1° novembre al 31 maggio non esista altra attività se non quella con due attrezzi attaccati ai piedi con cui scendere pendii innevati dell’Appennino. A monte di questo esiste un problema che il sig. Grazzini non ha evidenziato. La stragrande maggioranza degli impianti di risalita e dei cannoni sparaneve sono stati costruiti ed impiantati con danaro pubblico, tanto per intenderci quello dei contribuenti che faticano ogni giorno di più per avere una sanità al proprio servizio. A lungo andare tale comparto turistico ha finito per assumere una connotazione e mentalità da pubblico dipendente iper tutelato. Non è casuale che non molto tempo fa sia comparsa una lamentela di un operatore di tale comparto il quale, lamentandosi della carenza di neve e della impossibilità di lavorare, non fosse il caso che un ente pubblico, tipo la Regione, non lo mantenesse in pianta stabile, penso vita natural durante. Non so se qualche dipendente di una officina metalmeccanica in crisi possa formulare una simile richiesta, forse gli verrebbe detto di darsi da fare per trovare un’altra occupazione. Perché questa differenza ? Per la ragione che nel comparto neve, come in tanti investimenti pubblici, ciò che interessava, a chi gestiva il pubblico danaro, erano principalmente gli appalti. Si è quindi creata una mentalità da “assistiti” con soldi pubblici. Di ciò ne ho parlato con un amico, una persona che ha una dote, penso innata, di senso della ironia e di soluzioni particolari di particolari problemi. Ed infatti mi ha spiattellato l’informazione che nei paesi a Nord delle Alpi non danno più licenze per impianti di risalita al di sotto dei 2.500 metri e tendono a portare detti impianti al di sopra di tale quota. Rigiro qui, agli enti interessati, il consiglio del mio amico :”Perché non decidersi, finalmente, nell’Appennino settentrionale, a dislocare detti impianti al di sopra dei 2.500 metri ?”.

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